di MARCO GAMBARO*

Le piattaforme digitali hanno trasformato il modo in cui i cittadini cercano informazioni, fanno acquisti, leggono libri o guardano film. Una delle ragioni della pervasività è costituita dal fatto che i costi per costruire il software della piattaforma sono in gran parte fissi, indipendenti cioè da quanti utenti la usano effettivamente. Quindi è facile crescere, espandersi internazionalmente ed arrivare ad avere grandi quote nel mercato globale, in una configurazione da “Winner take all”.

Anche nel settore dell’informazione uno degli effetti più dirompenti delle piattaforme digitali è quello della disintermediazione, che avviene in parte sostituendo gli intermediari tradizionali, in parte ridefinendo il loro ruolo. 

italia e stati uniti

Il primo effetto della sostituzione è il calo del mercato dei mezzi tradizionali, che negli ultimi 20 anni ha interessato soprattutto la stampa. Ad esempio, in Italia i quotidiani sono passati da quasi 6 milioni di copie giornaliere nel 1999 a meno di un milione nei primi mesi del 2024. Naturalmente ci sono poi un po’ di abbonamenti digitali, ma riguardano solo le testate maggiori. Negli Stati Uniti il processo è iniziato prima e nei trent’anni che vanno dal 1990 al 2019 i giornalisti americani sono passati da 55mila a 23 mila.

La ridefinizione del ruolo invece è relativa alle diverse attività che un giornalista si trova a svolgere e alle differenti capacità che sono richieste. Nonostante che nelle scuole di giornalismo i vecchi pensionati che insegnano raccomandino ancora di consumare le suole delle scarpe camminando per strada alla ricerca delle notizie, il ruolo si è evoluto maggiormente verso la capacità di destreggiarsi in flussi digitali. 

interpreti dei flussi

I giornalisti tendono a diventare, più che produttori di un manufatto (la notizia), degli interpreti dei flussi informativi generati e supportati dalle piattaforme. Si tratta di una differenza di ruolo importante, che cambia anche le competenze richieste: meno capacità di scrittura e più familiarità con i dati, competenza nel muoversi tra discipline diverse, capacità di orientarsi tra flussi informativi molto sovrabbondanti

Prima i giornalisti avevano l’esclusiva di stabilire quali avvenimenti diventano notizie e come devono essere inquadrati e spiegati. Inoltre, si assiste ad un fenomeno di integrazione verticale discendente da parte di molte fonti, che diffondono loro stesse informazioni che possono essere riprese o discusse, senza alcuna mediazione professionale dei giornalisti. 

produzione diretta

Proprio la maggiore presenza diretta delle fonti, che si tratti di aziende, enti governativi o organizzazioni di vario genere e la produzione diretta di contenuti da parte degli utenti costituiscono ormai la componente maggiore dei contenuti informativi presenti in rete.

E del resto il consumo di informazione di tipo giornalistico risulta in calo in molti paesi e si sviluppa una zona grigia tra informazione, intrattenimento e satira che somiglia più alle battute da bar trasferite sul digitale che alla prima pagina di un quotidiano novecentesco. Per i mezzi tradizionali e per quelli nativi digitali il problema centrale non è più quello di trovare le notizie, ma quello di destreggiarsi in flussi informativi complessi, con vari livelli di credibilità e di distorsione.

agenda politica

Mentre un tempo i flussi informativi dei mezzi tradizionali erano filtrati e regolati, ora l’accesso diretto a una molteplicità di informazioni fa ingigantire questioni come le fake news, la capacità di riconoscere l’origine di un’informazione e la distinzione tra informazione e comunicazione commerciale.

Eppure questa crisi dei mezzi tradizionali è avvenuta senza che nel mondo digitale si sviluppassero organizzazioni analoghe a quelle che hanno dato vita alle grandi redazioni che hanno contribuito a costruire l’agenda informativa e politica delle classi dirigenti per quasi 150 anni. Anche le iniziative native digitali di successo, e in Italia ci sono almeno un paio di casi, inseguono il flusso delle notizie, riuscendo a malapena a coprire gli avvenimenti. E molti dei siti informativi minori hanno redazioni di pochissime persone, che a malapena riescono a pubblicare una ventina di post al giorno, insufficienti ad offrire una copertura informativa competitiva.

elevata probabilità

In queste condizioni la probabilità che i mezzi di informazione vecchi e nuovi siano catturati dalle fonti diventa molto elevata a causa proprio della debolezza economica: si sviluppano forme di informazione pilotata o sponsorizzata e in generale si attutisce la linea di demarcazione tra attività redazionale e attività commerciale, che peraltro nelle attività direttamente digitali è molto più flebile che nei mezzi tradizionali, come le ultime evoluzioni dei fenomeni  degli influencer testimoniano.

Di questi temi parleremo nell’ultimo incontro del ciclo “Il ruolo pervasivo delle piattaforme”, organizzato dal Dipartimento di Economia dell’Università Statale di Milano alla Casa della Cultura in via Borgogna 3 a Milano, lunedì 28 ottobre alle 18, dedicato alla “Disintermediazione nel commercio e nell’informazione”. 

*professore di Economia dei Media presso l’’Università Statale di Milano

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