(A.F.) “Il Gruppo Sae -dice Samuele Falossi, segretario della Slc-Cgil- trasferisce tutti da Livorno a Sassari senza offrire nulla. La trattativa inizia ufficialmente mercoledì 13 novembre. Ma la procedura è chiara: c’è questa cessione del ramo d’azienda e il contestuale trasferimento in Sardegna dal gennaio 2025. Loro poi si dichiarano disponibili al confronto per ridurre l’impatto sui lavoratori, ma non hanno mai messo in discussione i trasferimenti, anche per le cosiddette vie brevi. Quindi mercoledì ci vediamo a mezzogiorno per cominciare la discussione, ma al momento dimostrano di essere molto rigidi”. 

Sae (Sapere Aude Editori), la società editrice del Tirreno di Livorno, chiede ai poligrafici lo spostamento in massa (35 persone) a Sassari, dove si pubblica La Nuova Sardegna che con La Nuova Ferrara, La Gazzetta di Mantova e La Gazzetta di Reggio completa il pacchetto dei giornali ex Finegil-L’Espresso venduti da Gedi, che edita la Repubblica e La Stampa, il 15 dicembre 2020. Falossi lo definisce “un licenziamento mascherato”. Perché Sae, secondo il sindacato, ritiene che a queste condizioni sia difficile che qualcuno dei 35 possa accettare, perciò poi l’editore potrà acquisire manodopera più o meno qualificata direttamente sul territorio sardo. 

puntuale in edicola

Lo sciopero indetto dai poligrafici venerdì 8 e sabato 9 novembre ha avuto un’altissima adesione e la solidarietà con sciopero (il giorno 9) dei giornalisti. Nonostante ciò il giornale è arrivato puntuale in edicola la mattina di domenica 10: “Un evento inspiegabile perché senza poligrafici non è possibile stampare il numero”, ha commentato il Sindacato Lavoratori della Comunicazione che fa riferimento alla Cgil. E ancora: “Da nostre verifiche abbiamo capito che il giornale è potuto uscire utilizzando personale che ha sostituito gli scioperanti”. Gesto definito “non solo un atto illegittimo, che affronteremo nelle sedi opportune, ma un violento schiaffo alla città”. Le vie legali sono già state adite.

A questo proposito lo scambio di comunicati tra il Comitato di redazione del Tirreno e l’editore Sae è molto ruvido: il Cdr ritiene l’episodio “un precedente molto grave nella storia di questo giornale”, una scelta dell’editore che “configura un grave attacco al diritto allo sciopero sancito dalla Costituzione”, oltre a “una mancanza di rispetto verso i lettori del Tirreno, che hanno trovato un giornale senza cronache locali, il cuore e la ricchezza del nostro quotidiano”, così da produrre “uno sfoglio generale dozzinale e privo di qualunque valore informativo”. 

cinque giorni

Insomma, per i giornalisti si tratta di “una provocazione che l’editore mette in atto nei confronti di un corpo redazionale stremato da anni di ammortizzatori sociali, carichi di lavoro sempre più massacranti e un clima lavorativo fatto di tensioni e continue pressioni”. Cinque sono i giorni di sciopero che l’assemblea ha affidato al Cdr.

L’editore “rigetta nella loro totalità le accuse” rivolte dal Cdr, perché “il diritto di sciopero non è mai stato messo in discussione, come non può essere messo in discussione il diritto dell’editore di garantire l’uscita del giornale nel rispetto dei lettori e della centenaria storia della testata, facendo leva sulla parte di redazione che, dimostrando senso di responsabilità, ha deciso, senza alcuna pressione, di non aderire alla protesta”.

lavoro e stipendio

Secondo Sae, poi, “il Tirreno vive da anni una crisi generata dal costante calo di copie e dai costi di un corpo redazionale e di personale spropositato rispetto al numero di copie vendute”, tant’è che “l’editore sta mettendo in campo ogni iniziativa possibile per garantire il lavoro e lo stipendio a giornalisti e poligrafici”. Cosicché la riorganizzazione societaria e del lavoro redazionale, così come la proposta di “deportare” i 35 tipografi da Livorno a Sassari, per Sae “fa parte di questo sforzo che l’editore sta mettendo in atto, ma il comportamento della redazione non va nel solco dell’assunzione di responsabilità chiesta al personale tutto dall’editore”.

Perciò Sae si sorprende per “l’indizione di uno sciopero nell’ambito di una interlocuzione sindacale obbligatoria in materia di trasferimento d’azienda ( art. 47 legge 428) legittimamente e correttamente indetta a norma di legge e non ancora cominciata” e si stupisce del fatto che “poligrafici e i giornalisti indicano uno sciopero in relazione ad una ipotesi di cessione d’azienda in alcun modo attuata e che sarà oggetto di una interlocuzione sindacale neppure avviata, con un danno alla produzione assolutamente ingiusto e illegittimo”. 

Sae inoltre rivendica e ribadisce che “la giurisprudenza dominante legittima pienamente che il datore di lavoro possa dar corso alla produzione nella vigenza di uno sciopero, sia attraverso i dipendenti che non abbiano aderito all’astensione, sia per il tramite di esternalizzazioni che si fondino su appalti genuini, a condizione che in ogni caso non si violino le norme del contratto di lavoro”.

Un clima infuocato.     

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