di DANIELE MASTROGIACOMO

E’ Gaza l’ultimo cimitero dei giornalisti, il mattatoio dell’informazione di questo 2024. Dati non confermati, per l’impossibilità di renderli affidabili, sostengono che ben 202 corrispondenti, cronisti, inviati, fotografi, reporter, blogger, produttori, fixer, stringer, semplici cittadini armati di cellulare che in questi 14 mesi hanno trasmesso al mondo quanto accadeva in quella Striscia di terra trasformata in un inferno, hanno pagato con la vita il loro lavoro. Uccisi dalle bombe sganciate dai jet israeliani, dai colpi sparati dai Merkava con la Stella di David, dai cecchini piazzati su tetti dei palazzi sventrati, dai droni che ronzavano alla ricerca dei miliziani di Hamas o della Jihad islamica.

Vittime collaterali, bersagli involontari o voluti. Sarà arduo, un giorno, stabilire se siano caduti sotto il fuoco dell’Idf per sbaglio -come sostiene sempre Israele- nella ricerca di potenziali terroristi, o se siano finiti nel mirino dei proiettili perché raccontavano l’orrore in atto.

netanyahu contesta

Parlare di loro, dei giornalisti, e di quanti sono caduti mentre salvaguardavano un diritto inalienabile, quello di testimoniare la realtà, sembra davvero riduttivo rispetto alla strage, un vero sterminio, subita dalla popolazione. Il ministero della Salute di Gaza indica 45.399 morti civili, di cui quasi 15 mila bambini, al 26 dicembre 2024. Anche questa cifra viene contestata dal governo di Benjamin Netanyahu. La considerano di parte, di una fonte controllata da Hamas, se Hamas è in ancora in rado di controllare un territorio devastato, praticamente raso al suolo, e preda di bande criminali che assaltano e si accaparrano i pochi aiuti umanitari autorizzati a entrare nella Striscia. L’Onu si limita a circa 10 mila vittime. Ma spiega questa differenza con la diversa metodologia seguita. Per certificare il decesso di una persona ha bisogno di almeno due testimoni e di vedere il corpo, circostanze quasi sempre impossibili.

brandelli di plastica

Ma sui giornalisti la conta si basa su chi ha visto, conosceva, ha seppellito le vittime. Il Cpj, il Comitato per la difesa dei giornalisti con sede a New York, il 20 dicembre scorso ha fissato in 141 i colleghi morti nella Striscia. Sta indagando su altri 130 casi, ma ammette che molti sono difficili da documentare con i continui raid aerei, la carestia, lo sfollamento del 90 per cento della popolazione, costretta a vivere di stenti sotto tende fatte di brandelli di plastica e pezzi di stoffa, sulla spiaggia che costeggia i centri abitati. In mezzo al freddo pungente, giunto anche a quelle latitudini, che uccide quando non arrivano le bombe.

Mai, come in questo conflitto, sono morti tanti giornalisti. Nemmeno durante i due conflitti mondiali. “Da quando è iniziata la guerra a Gaza”, conferma Carlos Martinez de la Serna, direttore del Programma CPJ, “i nostri colleghi hanno pagato il prezzo più alto, la vita, per i loro reportage. Senza protezione, equipaggiamento, presenza internazionale, comunicazioni, cibo e acqua, continuano a svolgere il loro lavoro cruciale per dire al mondo la verità”.

visi e nomi

Mai, come accade a Gaza, è stato vietato l’ingresso alla stampa internazionale, che dal 7 ottobre 2023, giorno della strage di Hamas nei kibbuz del sud di Israele, ancora oggi è costretta ad affidarsi alle notizie fornite dai colleghi che si trovano all’interno della Striscia. Un divieto imposto da Israele, su un territorio che non è il suo, sulla base di criteri di sicurezza che servono a tenere all’oscuro il mondo su quanto accade.

E’ grazie ai giornalisti, operatori, fotografi e blogger palestinesi se abbiamo potuto vedere, non solo ascoltare o leggere, ma vedere con i nostri occhi il lento sterminio che sta avvenendo. Dietro ognuno di quei 202 operatori dell’informazione ci sono dei visi, dei nomi e delle storie. Ci vorrebbe un libro per raccontarle tutte. Qui possiamo solo ricordare quanto riporta il Cpj alla data del 20 dicembre 2024: 141 giornalisti e operatori dei media uccisi, di cui 133 palestinesi, due israeliani e sei libanesi. Feriti altri 49, due scomparsi, 75 arrestati. Senza considerare le aggressioni, le minacce, gli attacchi informatici, la censura, gli omicidi dei familiari, per ritorsione o vendetta.

A questo esercito di uomini e donne, che hanno tenuta alta l’attenzione sulla Striscia di Gaza a costo della vita, voglio dedicare la mia copertina della personalità dell’anno 2024. Con l’augurio e la speranza che anche loro un giorno possano avere giustizia.

(nella foto, Carlos Martinez de la Serna, direttore del Programma Cpj

LASCIA UN COMMENTO