“Ciascuno versa secondo il guadagno e riceve secondo il bisogno”. Un principio chiaro e limpido, di stampo costituzionale. Una frase attribuita a Giovanni Spadolini e risalente a quando, nel novembre del 1974, la categoria dei giornalisti decise di dare vita alla Casagit, anticipando l’entrata in vigore del Servizio sanitario nazionale.

Quella frase è stata ricordata con vanto dai vertici Casagit anche davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’incontro che si è tenuto lo scorso marzo al Quirinale per l’anniversario dei “cinquant’anni di sanità integrativa e solidarietà” dei giornalisti.

Peccato che quel “faro” che dovrebbe guidare sempre la missione della nostra Cassa – ovvero il criterio di una contribuzione commisurata alle capacità di guadagno di ciascuno – si sia improvvisamente spento con il voltafaccia della “riforma Casagit” piovuta dall’alto sulla categoria a dicembre.

Una “manovra” che sul piano contributivo prevede un sistema “lineare” assolutamente iniquo: con pesi uguali applicati a capacità economiche diverse. E, per di più, con un riferimento anagrafico che fa a pugni con un altro dei pilastri mutualistici, quello secondo il quale non sono ammesse discriminazioni per età.

Un tradimento inaccettabile dei valori fondanti, delle origini e del ruolo della Casagit nata per dare in primis un aiuto solidale alle colleghe e ai colleghi più in difficoltà. Lassù sulla plancia di comando, distratto dalle sirene manageriali, qualcuno sembra esserselo completamente dimenticato.

lorygrassi@gmail.com

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