(S.A.) Il Washington Post ha avviato una serie di licenziamenti che riguarderanno circa il 4% della sua forza lavoro. Questo passo è stato preso per far fronte alle ingenti perdite finanziarie che l’azienda sta affrontando, stando a quanto dichiarato dalla società stessa. I licenziamenti interesseranno principalmente i team delle divisioni pubblicità, marketing e tecnologia informatica, senza coinvolgere la redazione, che ha già subito una riduzione dei posti di lavoro due anni fa tramite un programma di buyout volontari.

In una nota ufficiale, l’azienda ha sottolineato come questi cambiamenti siano necessari “per continuare a costruire un futuro solido e per raggiungere il pubblico dove si trova”.

Negli ultimi anni, il Washington Post ha avuto difficoltà a generare profitti, poiché l’abbonamento digitale non è riuscito a compensare il calo delle entrate dalla stampa e i crescenti costi della redazione. Will Lewis, l’editore del giornale, ha dichiarato in una riunione dell’anno scorso che nel 2023 il Post ha registrato una perdita di 77 milioni di dollari e ha visto una riduzione del suo pubblico digitale dal 2020.

Il giornale ha vissuto turbolenze durante gran parte del mandato di Lewis, iniziato un anno fa. Sally Buzbee, direttore esecutivo, si è dimessa a giugno, mentre Rob Winnett, scelto per sostituirla, si è ritirato poco dopo. Inoltre, la decisione di interrompere la tradizione di supportare uno dei candidati presidenziali ha suscitato critiche tra gli abbonati. 

Recentemente Ann Telnaes, la fumettista premio Pulitzer, si è dimessa dopo che la sezione opinioni ha rifiutato una sua vignetta su Jeff Bezos, il fondatore di Amazon e proprietario del Post, raffigurato inginocchiato davanti a Donald Trump.

Il Washington Post ha dovuto fare i conti con l’addio di numerosi giornalisti di spicco, tra cui Ashley Parker e Michael Scherer, che sono passati a The Atlantic, e Josh Dawsey, che ha scelto il Wall Street Journal. 

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