Washington Post no a vignetta su Bezos e Trump(A.G.) Uscirebbe sul Messaggero una vignetta satirica sul proprietario Francesco Gaetano Caltagirone? O sul Corriere della Sera una vignetta su Urbano Cairo? Su la Repubblica una vignetta su John Elkann, o su La Nazione una vignetta su Andrea Monti Riffeser? Le risposte sono, nell’ordine, no, no, no, no. 

Ma dal 3 gennaio 2025 sappiamo che neanche sul Washington Post -mitico giornale che indusse il Presidente Nixon a dimettersi per lo scandalo Watergate– può uscire una vignetta che prende in giro il proprietario Jeff Bezos, l’inventore di Amazon. L’autrice della vignetta in questione, Ann Telnaes, si è dimessa, sbattendo la porta: “Qui c’è un cambio di gioco -ha scritto- ed è pericoloso per la stampa libera”.

miliardari americani

Questo episodio è un nuovo capitolo importante della nuova era Trump, di come i grandi miliardari americani (titolari delle grandi piattaforme, padrone del mondo) abbiano sostenuto la rielezione di Trump, di come non gradiscano che i loro giornali scalfiscano Trump.

La vignetta di Ann Telnaes mostra quattro personaggi proni davanti al magnate-presidente, issato su un piedistallo. Bezos, Mark Zuckerberg (Facebook/Meta), Sam Altman (OpenAI/ChatGPT) hanno in mano tre sacchi di dollari, il quarto Patrick Soon-Shiong, proprietario del Los Angeles Times, tiene in mano un rossetto. Zuckerberg è in piedi, gli altri tre in ginocchio. C’è un quinto personaggio, Topolino/Mickey Mouse che rappresenta la Disney ed è steso per terra, in adorazione. 

riconoscere il torto

Bezos e Soon-Shiong prima delle elezioni hanno vietato ai loro giornali di dare l’endorsement a Kamala Harris, mentre la Disney di Topolino ha preferito chiudere una controversia fra Trump e la sua rete tv Abc, riconoscendo il torto e versando danni per 15 milioni di dollari, anziché sostenere la correttezza del proprio operato in sede giudiziaria, come fatto in passato.

Telnaes collabora con il Post dal 2008 e ha vinto un premio Pulitzer. Su Substack ha spiegato che la vignetta critica i miliardari tecnologici e i capi dei media impegnati al loro meglio per ingraziarsi i favori del Presidente Trump. “Ho avuto vari riscontri e produttive conversazioni sulle mie vignette, ma mai  una vignetta era stata ‘uccisa’ a causa di chi o cosa ho scelto di puntare con la mia penna. Ci sono stati recentemente molti articoli su questi uomini con vantaggiosi contratti governativi e l’interesse di eliminare le regole che hanno preso la loro strada verso Mar-a-lago”, residenza preferita di Trump. “Mentre capita che il responsabile della pagina degli editoriali discuta sulle metafore di una vignette, se ritiene che il testo non sia chiaro o non trasmetta correttamente il messaggio voluto dal fumettista, non è questo il caso che riguarda questa vignetta”. 

“potenziale autocrate”

Continua Telnaes: “Qualcuno dirà: ‘Hey, lavori per una azienda e questa ha il diritto di aspettarsi che i propri impiegati aderiscano a ciò che è buono per l’azienda. Questo è vero, eccetto se parliamo di organi di informazione, che sono obbligati a coltivare una libera stampa in democrazia. I proprietari di questa libera stampa sono responsabili della sua salvaguardia. Provare a entrare nelle grazie di un autocrate potenziale vuole solo dire minare questa stampa libera. Come vignettista, il mio lavoro è mantenere poteri e istituzioni responsabili. Per la prima volta il mio editore mi ha impedito di svolgere questo lavoro critico”. 

David Shipley, direttore delle pagine dei commenti del Post, afferma di “dissentire dalla interpretazione degli eventi” di Telneas. Spiega di aver bloccato la vignetta perché il quotidiano aveva pubblicato di recente un editoriale sullo stesso argomento e si apprestava a pubblicarne un altro, stavolta satirico: “Il mio pregiudizio era solo contro la ripetizione del messaggio”.

(nelle foto, Ann Telnaes e la vignetta contestata)

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