di BRUNO TUCCI

Che fine farà la nostra professione, quella per intenderci  di Indro Montanelli o di Giorgio Bocca, di Enzo Biagi o di Arrigo Levi? E’ un interrogativo che ci si deve porre alla vigilia delle prossime elezioni che stabiliranno i vertici degli Ordini regionali e del Consiglio Nazionale.

Dovrebbero essere delle libere elezioni: lo saranno? Personalmente lo dubito perché tutto viene stabilito anzitempo nelle segrete stanze delle organizzazioni che contano. Così si saprà con anticipo chi sarà il presidente della Lombardia o del Veneto, dell’Emilia Romagna o del Lazio. Ci si comporta né più, né meno come in politica. I segretari di un partito vengono scelti tra le quattro mura domestiche dei Palazzi e chi va a votare lo fa seguendo una direttiva ben precisa. Non si può disubbidire. E’ “proibito”. Allora che senso ha andare al voto se chi deve deporre la scheda nell’urna sa già a chi deve la propria preferenza? Insomma, si predica bene e si razzola male.

guelfi o ghibellini

Un bel guaio per il giornalismo che dovrebbe difendere la propria credibilità. Invece, le correnti sono più forti della verità per cui ci si divide fra bianchi e neri, guelfi o ghibellini. Ragione per cui l’informazione non dipende dalla verifica di una notizia, ma dall’ideologia a cui appartieni. Sono caduti alcuni princìpi sacrosanti del giornalismo che fu.

E’ vero: i tempi sono cambiati, è difficile fare paragoni con gli anni cinquanta o settanta. D’accordo, però su certe regole non si possono fare eccezioni. A cominciare da chi si appresta a fare il nostro mestiere. Il praticantato è una cosa seria, un giovane deve dimostrare in quei diciotto mesi di avere la “stoffa” necessaria per andare avanti. Oggi, non è più cosi: si sono trovati mille escamotage per cui chi va all’esame di idoneità professionale di giornalismo ne ha fatto ben poco. Oppure, si dà la possibilità di scrivere o di commentare in tv un avvenimento, creando un precedente assai pericoloso. Motivo per cui si firma un articolo o si appare in tv quando non si ha la minima cognizione di che cosa può essere una notizia. Non per fare paragoni personali, ma io riuscii a mettere la mia sigla alla fine di un articolo dopo un paio di anni che lavoravo al Messaggero, il mio primo giornale.

finto comico

Le regole vengono disattese oppure addirittura calpestate. Quella, per esempio, di fare pubblicità: vietato tassativamente dal nostro regolamento. Oggi c’è la corsa ad apparire in tv e magari ad infrangere questa norma. L’Ordine dov’è? Quante volte interviene e quante si gira dall’altra parte per non prendere una decisione che potrebbe creargli inimicizie? Sono scomparsi alcuni dettati su cui non si può transigere. Fare il finto comico, tenere atteggiamenti che fanno a pugni con il giornalismo. Delle due l’una, ma l’importante è scegliere.

Si avvicinano al giornalismo giovani che, dopo essere diventati pubblicisti, aspirano a sostenere l’esame che dia loro la possibilità di fare un salto di qualità. Anche in questo caso, gli Ordini dovrebbero stare bene attenti ed evitare trasgressioni che non fanno bene alla nostra professione. Anni fa, per la serietà e la preparazione che deve contraddistinguere il giornalismo, il Consiglio dell’Ordine del Lazio, decise di sentire l’aspirante pubblicista non con un esame, bensì con un colloquio che aveva il compito di capire quale fosse il grado di cultura di quel candidato. Naturalmente, per questioni meramente ideologiche, il dialogo fu abolito, perché chi aveva preso il posto del precedente Consiglio non la pensava politicamente allo stesso modo.

giudizio professionale

Però, la notizia o la cultura non hanno un colore, bisogna tenerlo bene a mente. Così come non dobbiamo dimenticare (ora che siamo alla vigilia di una elezione) che la nostra preferenza non deve pioverci dall’alto. Dobbiamo essere noi a scegliere secondo un giudizio essenzialmente professionale. Altrimenti il degrado andrà avanti e non ci potremo lamentare se le vendite o gli ascolti diminuiranno a vista d’occhio.

(nella foto, sessione d’esame per diventare giornalisti professionisti)

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