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(S.A.) Il Washington Post nuovamente al centro dell’attenzione per una scelta editoriale: il rifiuto di pubblicare un’inserzione pubblicitaria dell’associazione apartitica Common Cause, che esortava il presidente Donald Trump a licenziare Elon Musk. L’inserzione, del costo di 115.000 dollari, avrebbe dovuto occupare due pagine di alcune edizioni del quotidiano, incluse quelle destinate alla Casa Bianca, al Pentagono e al Congresso. Con la provocatoria domanda “Chi governa il paese: Donald Trump o Elon Musk?”, l’annuncio era accompagnato da un’immagine del miliardario sorridente e una foto della Casa Bianca inclinata, sostenendo che Musk avesse creato caos e confusione e invitando i cittadini a fare pressione sulla politica per chiederne il licenziamento.

La decisione del quotidiano, di proprietà di Jeff Bezos, di respingere l’inserzione ha sollevato una serie di interrogativi e polemiche. Common Cause ha denunciato pubblicamente l’accaduto, sottolineando come il Washington Post, il cui slogan recita “La democrazia muore nell’oscurità”, non abbia fornito alcuna spiegazione sul motivo della cancellazione. L’associazione ha lasciato intendere che la decisione potrebbe essere stata influenzata da pressioni politiche o economiche, insinuando che Bezos fosse più preoccupato di evitare una reazione negativa della Casa Bianca piuttosto che rispettare il dovere giornalistico del quotidiano.

In passato il Washington Post ha invece accettato inserzioni pro-Trump. La vicenda ha riacceso il dibattito sulla libertà di stampa e sull’influenza economica sulle decisioni editoriali. Common Cause ha dichiarato di voler contrastare il crescente potere di Musk, opponendosi all’influenza di miliardari come lui e Bezos sul dibattito pubblico e sulle decisioni politiche.

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