di DANIELE MASTROGIACOMO

Il Potere ci prova e spesso ci riesce. Come nel caso del giornalista guatemalteco José Rubén Zamora, 68 anni, condannato a 6 anni per riciclaggio il 29 luglio del 2024 e per questo rinchiuso in una piccola cella per oltre 800 giorni, spesso in isolamento. Adesso, dopo essere stato liberato e posto agli arresti domiciliari a seguito di un’intensa campagna internazionale, sostenuta anche dalla Commissione Onu per i Diritti Umani, questo notissimo giornalista in tutta l’America Latina, fondatore di Siglo Veintiuno, El Periódico, Nuestro Diario, è stato nuovamente prelevato e sbattuto dietro le sbarre. 

giudice incaricato

Il giudice incaricato del caso, Erick García, ha dichiarato il 10 marzo che la decisione della Corte ha reso “impossibile” anche solo ascoltare la richiesta di misure alternative che la difesa del giornalista aveva subito presentato nel corso dell’udienza di convalida. Una dichiarazione sorprendente. Come dire: ho dovuto alzare le mani e rassegnarmi al diktat della Corte Suprema. La giustizia in Guatemala è stata per decenni intossicata da un sistema corruttivo che ha contagiato gran parte delle istituzioni. Neanche l’arrivo alla presidenza di Bernardo Arévalo, fondatore e leader di Semilla, seme in spagnolo, la prima voce di opposizione di centro sinistra dopo vent’anni di dominio della destra, è riuscito a spezzare i tentacoli che legano il potere politico a quello giudiziario.

spazi pubblicitari

Il 29 luglio 2022 Zamora viene arrestato dalla Polizia Nazionale Civile guatemalteca con l’accusa di riciclaggio di denaro per Ronald García Navarijo, un ex banchiere che lo avrebbe pagato per essere menzionato nel suo giornale. Anche Samari Carolina Gómez, ex procuratrice fiscale viene arrestata per aver fornito informazioni riservate della procura a Zamora, attraverso l’ex procuratore Juan Francisco Sandoval.

Nella sua prima deposizione Zamora assicura che i soldi gli sono stato consegnati per l’acquisto di spazi pubblicitari sul suo giornale, successivamente dichiara che derivano dalla vendita di un dipinto di sua proprietà, presentando un documento di vendita, successivamente rivelatosi falso, e dopo ancora assicura di averli ricevuti da Alejandro Girón Lainfiesta.

equo diritto

Il suo arresto è ritenuto una ritorsione contro la sua copertura mediatica relativa alle pratiche corrotte del governo guatemalteco.

Nel giugno 2023 Zamora viene condannato a sei anni di detenzione (l’accusa ne aveva chiesti 40) per riciclaggio di denaro, mentre lui nega tutte le accuse e dichiara di non aver avuto un equo diritto alla difesa. Viene invece considerato non colpevole di traffico d’informazioni e ricatto. Samari Gómez viene dichiarato non colpevole del reato di divulgazione di informazioni riservate.

sei articoli

Zamora ha avuto il coraggio di denunciare la corruzione dilagante del suo Paese, attirandosi le critiche, e le proteste, della classe dominante coinvolta in decine di affari con spezzoni della criminalità e protetta dal sistema giudiziario, che rivendicava la sua indipendenza. E’ diventato epico lo scontro con la Procura generale che era scesa in campo a difesa dell’ex presidente Alejandro Giammattei, esponente conservatore di origini italiane in carica fino al 18 gennaio del 2024. Il giornalista svelò le attività del leader politico e per questo subì fortissime pressioni culminate con una denuncia e l’avvio del processo. José Rubén Zamora ha sempre respinto le accuse. Il Gruppo di lavoro dell’Onu sulla detenzione scrisse in un rapporto conclusivo che “la detenzione di Zamora è arbitraria e contravviene a sei articoli della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e invita il governo ad adottare le misure necessarie per porre rimedio alla situazione senza ulteriore indugio”. 

centri di potere

La vittoria di Arévalo come Presidente ha impresso una ulteriore svolta che ha fatto alla fine uscire dal carcere il giornalista. Adesso, la nuova ordinanza. “Questo caso -ha commentato il presidente Arévalo- rivela il peggio della crisi” del sistema giudiziario e “mette in luce le strategie di criminalizzazione perseguite dalla Procura generale”. Molte dichiarazioni di sdegno, ma la realtà non muta. Cambiano i presidenti, resistono i centri di potere. Nel clima di censure e attacchi che si respira nel nuovo equilibrio mondiale soccombe la libertà di stampa.

(nella foto, José Rubén Zamora)

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