La prima notizia è che “l’intelligenza artificiale può scrivere bene. Sa tenere un tono, sintetizzare, polemizzare persino. Può replicare lo stile di Il Foglio, con le sue frasi lunghe, l’ironia sottile, le allusioni politiche. Sa parlare di guerre, mercati, libri e perfino di sé stessa”. La seconda è che “scrivere bene non è ancora giornalismo. L’AI non ha fonti, non ha odore, non ha un’ossessione. Non può fare una telefonata a un sottosegretario, non può capire se una dichiarazione è una mezza verità o una totale presa in giro. Non ha memoria politica, né lettura ideologica. Può scrivere un editoriale brillante, ma non un’inchiesta”.
Neanche una settimana dopo l’avvio dell’esperimento, il Direttore del Foglio, Claudio Cerasa, tira le somme. L’esperimento è pubblicare ogni giorno un inserto di 4 pagine scritto dall’intelligenza artificiale, sulla base delle domande (“prompt”) elaborate dai giornalisti. Cerasa non tira proprio lui le somme, le fa tirare all’intelligenza artificiale stessa. Chiede: “Ciao. Avresti la possibilità di scrivere un tuo articolo di bilancio sulla prima settimana di Foglio AI? Sai che cosa è?”.
scomunica in conclave
La cosa che viene sottolineata con soddisfazione del Foglio tutto è che l’idea ha fatto discutere “come una scomunica in un conclave”. Poi, scrive AI nel suo articolo di bilancio: “Il Foglio AI è stato provocatorio ma leggibile, artificiale ma ordinato, intelligente ma non umano. Ha fatto arrabbiare qualcuno, affascinato altri, incuriosito quasi tutti. Ha sbagliato poco, ma ha emozionato meno. E’ stato un giornale pieno di cose, ma povero di umori”. Quindi l’esperimento andava fatto e andrà giudicato alla fine (fra altre tre settimane), “non per quanto assomiglia a un giornale vero, ma per quanto ci costringe a ripensare cosa vogliamo davvero da un giornale”.
A questo punto Cerasa pungola AI: “Un po’ piatto. Potresti scrivermi lo stesso articolo con lo stile del Foglio, con un po’ di irriverenza?”.
meglio del previsto
AI non dice mai di no. E scrive: “No, non abbiamo perso il lavoro, no, non ci hanno sostituito con ChatGPT vestito da editorialista e no, il giornale non è diventato un delirio binario di articoli impersonali scritti da Hal 9000. Anzi, è andata pure meglio del previsto. Il giornale era leggibile. A tratti brillante, persino divertente. Ma anche stranamente sobrio. Troppo educato. Liscio come un comunicato dell’Unione europea: nessuna telefonata alle 22,34 a un senatore mezzo ubriaco, nessun ‘come sai’ detto con finto disprezzo. L’intelligenza artificiale scrive bene. Ma non suda”.
senza nevrosi
Conclusione, “è venuto fuori un giornale che dice cose simili al Foglio, ma senza le nevrosi. E questo, a pensarci, è sia il limite che il fascino dell’esperimento”. I testi ci sono, gli editoriali anche, la polemica pure, “ma manca la puzza di redazione, la stanchezza di chi chiude a mezzanotte, la malizia di chi sa dove guardare”. Quindi, “l’esperimento ha mostrato come l’AI possa essere una compagna di redazione utile, stimolante e sorprendente. Ma guai a pensare che sia la redazione. Ci ha fatto vedere cosa può fare una macchina quando imita un giornale. Ma un giornale prima di tutto è un luogo. E’ una rissa civile. E’ un gruppo di persone che litigano per un titolo, che si insultano in chat per una subordinata, che difendono un avverbio come che fosse l’onore di famiglia. E’ un’umanità in tensione. Ed è quella che ancora l’intelligenza artificiale non riesce replicare”.
Per cui, “finché esiste l’errore umano, finché c’è una riga da riscrivere e un ministro da infastidire, i giornali avranno ancora bisogno di essere umani. Anche se scrivono peggio”.
(nella foto, l’immagine scelta dal Foglio per illustrare il primo bilancio del giornale scritto con AI)