Ogni tanto muore qualcuno che porta via con sé un giornalismo differente eppure gagliardissimo, perché basato sulle notizie. Pasqualino Laurito, che se n’è andato senza vedere la primavera 2025 e quindi il suo novantottesimo compleanno, ha fatto il cronista per ottant’anni senza toccare un computer, forse neanche una macchina da scrivere. Unico giornalista italiano in Parlamento dall’Assemblea Costituente alla legislatura in corso. Non si è arricchito, non ha cercato fama in tv o sui social. Commendatore per decisione di Mattarella. Comunista con tessera da quando avena 18 anni, mai nel Pd. Cattolico, ma contestò il Presidente della Camera Casini per la targa sulla visita di Papa Giovanni Paolo II, in nome della laicità dell’istituzione.
Sciarpa rossa
Si aggirava con la sua sciarpa rossa per Montecitorio, poi si sedeva in sala stampa, accanto allo storico commesso Gianfranco Continenza e dettava -dal 1977- la sua Velina Rossa a volonterosi colleghi, Rina Gagliardi, Alessandro Cavaglià, Alessio Falconio Alfonso Raimo. Retroscenista ante litteram? Se la Velina scriveva qualcosa sulla sinistra -ma non solo- potevi giurare che era andata così.
“Assolutamente un partigiano. Ma onesto. Mentre oggi siamo abituati a tanti giornalisti e giornali partigiani non onesti”, dice Tommaso Labate (Corriere della Sera, Rai Radio 2), che lo ha frequentato per vent’anni e accompagnato l’estate a Porto Ercole e riportato a Roma, che ha fatto l’ultimo trasloco, dalla mansarda ai Parioli a piazza Fiume, a vivere dalla sorella, come un personaggio di Svevo.
veltroni e d’Alema
Un giorno Walter Veltroni passandogli davanti disse: “Speriamo che anche Laurito diventi buono”. E lui: “Neanche da morto sarò buono!”. Erano i tempi della tenzone feroce fra i puledri del nuovo Partito Democratico della Sinistra e Laurito stava, senza tentennamenti, con D’Alema. A un certo punto si leggeva la Velina Rossa per capire cosa D’Alema pensasse (anche se non sempre D’Alema era d’accordo).
Figlio di un avvocato e medico socialista, Laurito era venuto a Roma da Lungro, Calabria albanese, subito dopo la Seconda Guerra. Per fare il giornalista. Democrazia del lavoro, Paese Sera, Il Globo, l’Ansa. Il primo scoop gli era capitato una sera, fine anni Quaranta: uscito da un night, sulla collina di Monte Mario aveva visto degli operai che lavoravano all’installazione del ripetitore Rai per la televisione, che però non aveva ancora avuto il via libera di Montecitorio, in particolare dal Pci. Poi quello -rimasto inedito- sul Pci che chiedeva le dimissioni del presidente della Repubblica Giovanni Leone: il Direttore dell’Ansa Sergio Lepri si rifiutò di pubblicare la notizia prima che fosse ufficiale. Pasqualino si licenziò.
corpo ventidue
Da qui la decisione di mettersi in proprio, con la Velina Rossa, in piena rivalità -come ha raccontato Claudio Rizza (ex del Messaggero)- con la Velina Bianca del cronista Rai Vittorio Orefice. Tutti i giorni la dettatura, una pagina o una pagina e mezza, corpo 22, spedita via fax, con tante cose succose. I giornali si abbonavano, come a un’agenzia e uno dei più grandi sostenitori di Laurito fu sempre Paolo Mieli, due volte al comando al Corriere della Sera. Storie dell’ex Pci, sopratutto, col faro di D’Alema (che gli pareva il più simile a Togliatti) e la mal sopportazione per Napolitano, che aveva soffiato a Massimo il posto al Quirinale. Amori & odi, tutta la vita così. La critica forte a tutto il mondo attorno a Prodi. Poi la stagione di appoggio a Fini, quando cominciò a contestare Berlusconi.
Montecitorio fu invaso da Lega e 5 Stelle e Laurito si ritrovò fuor d’acqua, tutti i suoi pilastri crollati. Prese a scrivere più commenti che notizie, in particolare contro il “taverniere fiorentino” Matteo Renzi, stagione culminata con la gioia della bocciatura al referendum.
chicago orchestra
Goffredo De Marchis (già cronista politico de la Repubblica) ha ricordato il suo amore per l’opera e quando gli regalarono, con Labate, un biglietto di palco per il concerto straordinario della Chicago Symphony Orchestra. Al giornalismo Laurito aveva unito altre tre passioni, la musica appunto, l’arte, il cinema. Racconta sempre Labate che aveva aperto una galleria in via Alibert, nel centro di Roma, facendosi prestare “qualche Chagall e un paio di Mirò”, raccontava lui. Grazie a questa attività era diventato amico di Sandro Pertini, gli consigliava quadri da comprare. Frequentando la trattoria “Otello”, a pochi metri da piazza di Spagna, Laurito era diventato amico di registi, strappando scritture da generico, comparsate e qualche ruolo: un passante in “Anni difficili” di Luigi Zampa, l’usciere in “Un giorno in pretura” di Steno e l’avvocato che piomba dal Vaticano in Sicilia nel “Bell’Antonio” di Mauro Bolognini, al fianco di Marcello Mastroianni. Sempre partigiano, sprezzava chissà perché Claudia Cardinale, “sopravvalutata”.
microfoni in mano
Tanto tempo fa, quando ha compiuto 90 anni, gli fecero una piccola celebrazione a Montecitorio e lui, alzando la voce come spesso gli capitava, si rivolse ai giovani colleghi: “Difendete la vostra libertà, difendete la Repubblica nata dalla Resistenza! Vedo la nostra categoria soltanto col microfono in mano a chiedere la dichiarazione del politico. Cercate, ragazzi, prendete qualche iniziativa vostra! Qui dentro c’è tanto tanto tanto da lavorare!”.
Professione Reporter
(nella foto, Pasquale Laurito)