di BRUNO TUCCI

Un grande interrogativo riguarda oggi il mondo dell’informazione: esiste l’Ordine dei giornalisti? Si può dire che ha ancora un ruolo, oppure è un ente obsoleto, antico, non alla pari con i tempi? Insomma, vecchio e inutile tale da abolirlo? Chi la pensa in questo modo si è mai chiesto che cosa vorrebbe dire toglierlo di mezzo? Probabilmente no. Perché vorrebbe significare fare alla politica un grosso regalo, libera di poter parlare liberamente, senza l’angoscia di vedere il giorno dopo le giuste critiche che i responsabili dell’intervento meritano.

Certo, ci vorrebbe un Ordine super, che abbia persone giuste al posto giusto. Scelte secondo criteri non ideologici, ma di bravura professionale. E’ necessaria una spiegazione a quanto si è sottolineato. Oggi, nonostante la libertà di rivolgersi agli elettori senza l’intermediazione della stampa, onorevoli e senatori debbono sempre passare sotto le forche caudine di un giornalista che può metterli in difficoltà con domande pungenti. 

nessun ostacolo

Se, invece, l’Ordine non esistesse più editori e giornalisti verrebbero vagliati soltanto  dal Palazzo che non avrebbe più ostacoli di nessun tipo. Essendo liberi di puntare sui giovani e meno giovani indottrinati dall’ideologia. E’ vero: il giornalismo di una volta è scomparso o quasi. Furoreggiano i videomakers, i fotoreporter, gli audiomakers, gli autori di blog e di newsletters.  Innanzitutto, una precisazione: al giorno d’oggi i fotoreporter hanno un ruolo chiave in un quotidiano che si rispetti: sono giornalisti professionisti che viaggiano con gli inviati avendo praticamente lo stesso ruolo. Uguale discorso vale per i cameramen: sono molti quelli bravi che hanno potuto iscriversi all’Ordine ed essere promossi poi all’esame di idoneità professionale. Potrei fare nomi e cognomi, avendone “verificati” alcuni durante il periodo in cui fui presidente dell’Ordine del Lazio.

Ma non vogliamo eludere la domanda che vorrebbe inchiodare il nostro organismo e considerarlo desueto. Alla ribalta della cronaca ci sono le nuove figure del giornalismo che non possono essere ignorate. Ben vengano nel mondo dell’informazione. Ma a patto che abbiano un certo grado di cultura e di preparazione. Non si possono definire giornalisti quei poveri ragazzi che hanno solo il compito di tenere fra le mani un microfono di modo che il politico di turno esprima il suo autorevole parere senza ostacoli.

titoli con sartoria

Un problema delicatissimo è quello della pubblicità vietata espressamente a chi fa il giornalista. Inutile spiegarne il perché: il collega si potrebbe trovare un giorno a scrivere o parlare male di un prodotto che ha pubblicizzato. Lo farebbe? Nasce qualche dubbio. La verità è che con l’introduzione dei Consigli di disciplina, la rigidità è assai calata e la pubblicità dilaga specialmente nelle tv o radio private, i cui editori “obbligano” il giovane a leggere quel che non dovrebbe. Se si rifiuta perde il posto. Posso citare un esempio di molti anni fa: noi vietammo ai colleghi che conducevano un programma alla tv di nominare nei titoli di coda la sartoria che forniva loro gli abiti che indossavano durante la trasmissione: fu una battaglia dura, ma la vincemmo. Ora siamo da capo a dodici. 

Non è per fare un salto nel passato, però lasciatemi dire che adesso i cronisti di un tempo (fucina di grandi colleghi) non ci sono più. Ci si serve di internet o di altre diavolerie del genere che sono contro l’informazione con la I maiuscola. Quando succede un qualsiasi fatto sono pochissimi coloro che vanno sul posto e si rendono conto di persona di quel che è successo. Mancare a questo appuntamento vuol dire spesso scrivere un articolo che non attira il lettore. Sapete per quale ragione? Perché ogni notizia ha un profumo particolare che il giornalista deve assumere per poi trasmetterlo a chi legge. Un piccolo particolare può a volte dare un sapore diverso, magari più accattivante, al pezzo. Ricordo Giampaolo Pansa, un grandissimo giornalista, che quando veniva alle manifestazioni politiche si serviva di un binocolo perché poteva cogliere un quid interessante che altri non avevano afferrato. Quella piccola curiosità poteva far grande un articolo. Si può oggi con internet avere lo stesso risultato?

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