Nell’era dei social e delle relazioni virtuali, un giornalista ha convocato dal suo giornale di carta una manifestazione per l’Europa e il 15 marzo piazza del Popolo a Roma si è riempita di almeno trentamila persone. Un fatto sorprendente. L’agenda, vale a dire i temi del dibattito pubblico, può essere ancora modificata da mezzi di informazione tradizionali, ove si tratti di un appuntamento che molti cittadini “sentono”.

Questa vicenda prende il via il 22 febbraio, quando Michele Serra, 71 anni, giornalista, scrittore, autore di testi per comici, intitola “L’amaca”, rubrica quotidiana che scrive su la Repubblica, “Dite qualcosa di europeo”. Si chiede come mai a nessun partito progressista o europeo sia venuto in mente di organizzare una manifestazione un presidio una piazza o piazzetta di sole bandiere blu stellate, “per dare almeno l’impressione che esista un’opinione pubblica che si sente europea e non vorrebbe morire stretta nella tenaglia Trump-Putin”. Insomma ipotizza “una di quelle cose che chi ci sta ci sta, senza calcoli di alleanze tattiche, strategie, una cosa organizzata per i cittadini, su loro misura, per loro sollievo”.

valanga di messaggi

Gli stessi concetti li aveva espressi nella sua newsletter sul Post.

Succede l’inaspettato. Serra racconta di aver ricevuto una valanga di mail e messaggi. E la pur logorata ma sempre potente macchina de la Repubblica sposa la proposta. Cominciano ad arrivare le prime illustri adesioni e il 28 febbraio -neanche una settimana dopo quell'”amaca” europeista- il giornale mette sotto la testata di prima pagina un articolo di Serra intitolato “Una piazza per l’Europa”, con la foto di una ragazza dal volto dipinto di blu con stelline gialle. Si parte. A questo punto Serra parla di manifestazione “con zero bandiere di partito, solo bandiere europee, nella stessa ora in tante capitali europee”, all’insegna di “qui si fa l’Europa o si muore”, “per sentirsi meno soli e impotenti di fronte agli eventi”, per far sapere che esiste “un’identità europea dal basso”. Fa appello, per l’organizzazione, ad associazioni, sindacati, partiti, purché disposti a scomparire nel blu monocromo”. Parla di una “piazza sentimentale”, parla del “way of life dell’Europa, che potrebbe non sopravvivere “a questa stretta che mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo democrazia, ovvero la separazione dei poteri, diritti e doveri uguali per tutti, libertà e laicità dello Stato, pari dignità ed serenità per chi governa e chi si oppone”.

riarmo e israele

Si fa avanti il sindaco Roberto Gualtieri, che mette a disposizione la macchina organizzativa del Comune di Roma. Aderiscono altre città di centro sinistra e anche due di centro destra; Palermo e Venezia. Alla fine, due settimane dopo la scintilla iniziale, decine di migliaia di persone vanno in piazza, con questo richiamo un po’ ben definito, ma un po’ vago, va chi è per il riarmo e chi è contro, chi è con Israele e chi contro. Parlano solo giornalisti, artisti, professori, Segre, Piano, Augias, Bentivoglio, Carofiglio, Jovanotti, Littizzetto, Scurati, Vecchioni, Virzì.

In ogni caso, la dimostrazione che un giornalista può incontrare il desiderio di fare qualcosa in una situazione che genera terrore in tutti e richiede buon senso, unità, mobilitazione. Per il momento, solo in Italia la gente è uscita di casa. Un punto per riflettere, l’età media alta.

Professione Reporter

(nella foto, Michele Serra sul palco di piazza del Popolo, 15 marzo 2025)

1 commento

  1. Il giornalismo dovrebbe essere anche questo. Intercettare i sentimenti dell’opinione pubblica, promuovere riflessioni pubbliche, aperte, civili sui temi dirimenti. La politica non e’ più in grado di farlo. Ha usato troppe parole non seguite dai fatti, spesso anzi contraddette. Motivo di sollievo per noi. Per il momento l’intelligenza artificiale non può far vibrare i popoli. Motivo di riflessione per i partiti che continuano indefessi ad essere autoreferenziali.

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