(S.A.) Donald Trump impone drastiche restrizioni sul linguaggio utilizzato nelle agenzie federali americane. Primaonline riporta che, secondo un’inchiesta del New York Times, numerose parole e concetti sono stati eliminati dai documenti ufficiali, dai siti web governativi e dalle linee guida interne: è stata così creata una vera e propria lista di termini proibiti. Tra questi si trovano riferimenti all’identità di genere, alla diversità, all’equità e all’inclusione, ma anche espressioni legate all’ambiente, alla giustizia sociale e ai diritti delle minoranze.

La parola “transgender” è stata rimossa, così come “women” e “LGBTQ+”. Anche termini come “cambiamento climatico”, “patrimonio culturale”, “pregiudizi” e persino “discorsi d’odio” sono stati banditi. Una delle decisioni più discusse riguarda la cancellazione del nome “Enola Gay” da documenti ufficiali e foto del Pentagono, per via del termine “gay” presente nel nome del bombardiere che sganciò l’atomica su Hiroshima (Enola Gay era la mamma del pilota).

La campagna di Trump si estende anche oltre la censura linguistica. Il presidente ha ordinato la sospensione di celebrazioni come il Martin Luther King Day, il Giorno della Memoria e il Pride Month, eliminando qualsiasi riferimento alla diversità, equità e inclusione nei luoghi di lavoro federali. Questa politica ha conseguenze tangibili non solo nel linguaggio istituzionale, ma anche nella vita accademica e scientifica: molte università e enti di ricerca temono la perdita di finanziamenti e si stanno adeguando al nuovo corso. Perfino la Nasa ha eliminato dal proprio sito le informazioni sulle donne nel campo STEM (science, technology, engineering and mathematics), mentre interi dipartimenti di studi di genere, clima e migrazioni stanno chiudendo.

L’amministrazione Trump giustifica queste misure come una reazione alla “cancel culture”, ma si può dire che stia praticando una forma della stessa strategia, con l’eliminazione dal dibattito pubblico di ogni voce contraria alla sua visione conservatrice. 

Il caso americano ha anche un’eco internazionale. In Argentina, il presidente Javier Milei, sostenitore di una crociata contro il politicamente corretto, ha reintrodotto nel linguaggio istituzionale termini offensivi come “imbecille”, “ritardato” e “idiota” per riferirsi alle persone con disabilità intellettive, oltre a voler eliminare il concetto di “femminicidio” dal Codice penale. Nella visione di Trump e Milei il linguaggio non deve essere un mezzo per rappresentare la complessità della realtà. Eliminare termini come “etnia”, “discriminazione” o “disparità di genere” non cambia la realtà, ma impedisce di affrontarla apertamente, con conseguenze concrete sulla ricerca, sulla politica sociale e sul dibattito pubblico. 

LASCIA UN COMMENTO