Tradito, proprio lui che aveva lavorato per anni alla difesa della privacy. Alla morte di Giovanni Buttarelli, avvenuta due giorni fa, è seguito un episodio che non può essere considerato solo un incidente: attraverso Google, il potente motore di ricerca, chiunque ha potuto conoscere quale malattia abbia ucciso il magistrato. Ciò costituisce una violazione palese proprio delle norme per le quali Buttarelli si era battuto. Una questione che riguarda chi fa informazione e usa gli strumenti oggi a disposizione.
Buttarelli, (era nato a Frascati e aveva 62 anni) diventato magistrato di Cassazione, si era impegnato dal 2009 al 2014 all’interno dell’Autorità italiana che protegge la privacy. E si era guadagnato la chiamata nell’omonimo organismo europeo, con ciò dimostrando che i giuristi italiani erano fra i più moderni e attenti nell’opera di difesa dei diritti della persona, avviata peraltro alla fine del secolo dagli studiosi americani.
Studioso serio e convinto, sempre disponibile e gentile, Buttarelli aveva contribuito alla stesura delle regole che portarono ad esempio alla nascita del codice della privacy dei giornalisti, che proibisce di rendere pubblica la condizione clinica delle persone – anche di quelle più note – se esse intendono tenere riservate le cause e le caratteristiche del male, le sofferenze, i momenti più delicati della vita. Anche gli ultimi.
Nessuno aveva diritto di rivelare le cause della morte di Buttarelli. Eppure su Google sono state scritte e sono ancora leggibili. La violazione della legge è clamorosa. I giornalisti eventualmente caduti in questo errore sarebbero passibili di procedimento disciplinare. Una vicenda che va denunciata di fronte ai guasti che l’”anarchia tecnologica” può provocare.
Se si vuole trovare un aspetto positivo, potrebbe essere questo: proprio la morte di Buttarelli dimostra che gli algoritmi – o in genere tutti i meccanismi di elaborazione automatica – comportano rischi gravi.
Solo i giornalisti, nella propria autonomia professionale, possono e devono valutare cosa è utile e corretto rendere pubblico. Nel rispetto dei diritti delle persone, per i quali aveva lavorato Giovanni Buttarelli.
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