Scortesie, o sgarbi, da la Repubblica a L’Espresso, ex giornale dello stesso Gruppo (Gedi) e tuttavia ancora venduto in uno stesso pacchetto, ogni domenica.

Lirio Abbate, nuovo direttore del settimanale, decide di chiedere un pezzo a Ezio Mauro, ex direttore della Repubblica per vent’anni (1996-2016), il vero e unico successore di Eugenio Scalfari. Un pezzo sulla sinistra e la guerra in Ucraina, sul pacifismo, su deboli e potenti, un’analisi complessa e profonda, nel consueto stile del prestigioso giornalista.

A la Repubblica, diretta da Maurizio Molinari, ricevono in anticipo lo sfoglio dell’Espresso, notano che il pezzo di Mauro apre il fascicolo del giornale, acquistato da Danilo Iervolino, già titolare dell’Università telematica Pegaso, preceduto soltanto dall’editoriale del direttore. E decidono di riprenderlo.

Ma non per lanciare il numero dell’Espresso: stampano sul quotidiano di sabato 2 aprile l’intero pezzo di Mauro. Anzi, lo richiamano in prima pagina, con il titolo “L’errore del pacifismo senza se e senza ma” e poi a pagina 19 lo riproducono integra. Con un piccolo “strillo” con la copertina del settimanale, che dice: “Sull’Espresso di domani Ezio Mauro e Michele Serra affrontano il tema delle responsabilità della sinistra, tra gli ideali pacifisti e il dovere di difendere le vittime dagli aggressori”.

Cioè: nessun accenno che quel pezzo di Mauro è preso pari pari dall’Espresso. Il giorno dopo, domenica 3 aprile, esce L’Espresso, abbinato a Repubblica, con il pezzo di Mauro, bruciato, e titolato “Si fa presto a dire pace”.

Si preannunciano tempi duri, fra i due giornali, venduti assieme, ma separati in casa, ormai di due editori diversi.

Professione Reporter

(nella foto di Laura Lezza- Getty Images, Eugenio Scalfari ed Ezio Mauro)

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