di ANDREA GARIBALDI
Fabio Sanfilippo, caporedattore di Radio Uno Rai, il 4 settembre alle 16,56 ha scritto sulla sua pagina Facebook, fra l’altro: “Caro Matteo Salvini… ora perderai almeno il 20, 25 per cento dei consensi che ti accreditano i sondaggi, lo sai? E che fai? Non hai un lavoro, non sai fare niente, non hai un seggio da parlamentare europeo, hai perso il posto da ministro, certo stai in parlamento, ma con la vita che ti eri abituato a fare tempo sei mesi ti spari nemico mio…”. E ha aggiunto: “Mi dispiace per tua figlia, ma avrà tempo per riprendersi, basta farla seguire da persone qualificate”.
Sembrerebbe un gesto impulsivo, frutto di un momento di scadente ponderazione. Ma tre giorni dopo Sanfilippo è tornato sul caso, profilo Facebook: “Riscriveresti il post? Mi è stato chiesto. Sì, ometterei la frase sulla figlia, è stata oggettivamente una caduta di stile. Il post non contiene alcun invito al suicidio del capo politico della Lega. E’ la constatazione di un fatto: che Salvini si è politicamente ‘fatto fuori da solo’. Con la previsione che di qui a sei mesi si sarebbe politicamente ‘sparato’, eliminato da solo”. E ha aggiunto: “Non ho mai usato i microfoni di Radio 1 per fare propaganda politica. Quello che è il mio pensiero l’ho manifestato in un post pubblicato sulla mia pagina personale, che non utilizza alcun logo dell’azienda Rai. Pagina che è un po’ come casa mia e io a casa mia dico e faccio quello che mi pare. Del resto non c’è ancora alcuna policy aziendale che obbliga i dipendenti Rai a determinati comportamenti sui social privati”.
Querele e minacce di morte
Qui non ci interessa né la reazione di Salvini, che ha annunciato querela (ma perché le querele non diventano notizia solo quando vengono fisicamente presentate?). Nè ci interessano gli insulti e le minacce di morte ricevute in questi giorni da Sanfilippo nei meandri del web (che dimostrano la barbarie di chi li scrive).
Ci interessa sostenere che la professione di giornalista è di quelle che non si smettono alla fine dell’orario di lavoro. I giornalisti, per via della funzione fondamentale che svolgono nelle democrazie, è bene che non prendano parte pubblicamente in politica, che non si schierino se non per il rispetto delle istituzioni e delle regole promosse dall’Ordine. Per poter lavorare sempre a testa alta. Per offrire a lettori, ascoltatori e spettatori l’immagine di chi cerca solo e soltanto di avvicinarsi alla verità. Senza disperarsi, né gioire, senza tifare a favore o contro.
C’è stato un grande dibattito, fra i colleghi, sul caso Sanfilippo. E’ stato scritto, fra l’altro, che il problema è difendere “la libertà dei colleghi Rai” e che “la policy aziendale non può certo andare a spiare sotto le lenzuola”.
Non ci sono regole in Rai sul comportamento che i giornalisti devono tenere sui social? Peccato. Ci sono invece (come potete leggere in dettaglio nella sezione Microscopio di Professionereporter.eu) molti codici in grandi organi d’informazione del mondo. In Italia solo alla Stampa. Alla Bbc dal 2015 hanno un “Social media guidance for staff”. Nelle redazioni della televisione pubblica inglese gira comunque questo motto: “Don’t do anything stupid. You are a Bbc journalist. Act like one”.
Servizio pubblico e Doveri
Ora -abbiamo letto- la Rai sta valutando la sospensione di Sanfilippo, ma molto meglio sarebbe mettere mano a una Carta che tolga spazio a interpretazioni e distinzioni.
Una Carta del genere sarebbe utile per tutti i giornalisti, promossa dall’Ordine o dalle singole testate. Ma certo i casi che hanno fatto più scalpore negli ultimi anni si sono svolti in Rai, perché ciò che non deve avvenire nell’intero perimetro della professione, tanto meno deve riguardare il servizio pubblico. Quando nello scorso giugno ci fu il caso di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, arrestata a Lampedusa per aver violato il divieto d’ingresso nel porto, la giornalista del Tg2 Anna Mazzone, alle 3 del mattino, pubblicò questo tweet: “Blitz della crucca che forza il blocco e attracca a Lampedusa dove viene arrestata per violazione del codice navale. Rischia dai 3 ai 10 anni di carcere. E’ l’unica ad essere sbarcata. Migranti ancora su con Orfini, Del Rio e varie ed eventuali. Poveracci… i migranti”. Singolare anche il caso della giornalista del Tg2 Marina Nalesso, che legge il telegiornale con il crocifisso bene in vista sul petto.
Nel corso del dibattito su Sanfilippo il segretario dell’Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai, ha scritto: “Un sindacato – a mio giudizio- ha il dovere di difendere i diritti, ma anche di ribadire i doveri”. E ha citato il collega Rai Federico Scianò, scomparso nel 2001: “Ci vuole qualcuno che rinunci al diritto di esprimere il proprio punto di vista, per assolvere al dovere di farsi portavoce di tutti i punti di vista presenti nella società”.
Paola Spadari, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio ha annunciato segnalazione del caso Sanfilippo al Consiglio territoriale di disciplina e ha detto: “L’esercizio responsabile della professione attraverso un linguaggio appropriato e consono è un principio cardine della professione giornalistica. Principio che ogni giornalista è chiamato a rispettare con ogni mezzo di diffusione utilizzato, social compresi”.
(nella foto, Fabio Sanfilippo e Matteo Salvini)