(A.G.) Urbano Cairo ha ricomprato a Milano il palazzo di via Solferino, sede del Corriere della Sera, al numero civico 28, dal 1904. E ha chiuso ogni contenzioso con il colosso finanziario Blackstone, che minacciava il futuro dell’azienda Rcs. Obiettivamente, un colpo da maestro.
O meglio, un accordo in cui ciascuno è vincitore. Cairo si toglie dal capo un macigno che gravava sul futuro del’Azienda. Blackstone rivende parte della proprietà al doppio del prezzo per cui pagò quella stessa parte.
Cominciamo da qui. Nel primo pomeriggio del 13 novembre 2013 alcune decine di redattori e tipografi del Corriere e della Gazzetta del Sport, guidati dal Comitato di redazione di allora, lasciò le scrivanie e scese in strada, davanti al civico 28, per manifestare contro la vendita: il Corriere perdeva la sua storica casa e la svendeva a un prezzo che appariva bassissimo anche ai non addetti al lavori. Due mesi prima era stato proclamato lo sciopero e nel durissimo comunicato il Cdr parlò di “un’operazione folle dal punto di vista finanziario e con risvolti che potrebbero avere anche rilevanza penale”.
pietro scott jovane
La vendita era stata decisa dall’allora amministratore delegato Rcs, Pietro Scott Jovane, allo scopo di sistemare i conti disastrati della società. Scott Jovane, ovviamente con l’approvazione dei principali azionisti -Fiat, Mediobanca, Unipol, Intesa Sanpaolo, Bonomi, Ligresti, Pirelli- vendette a Blackstone per 120 milioni di euro la cittadella delimitata da via Solferino, via San Marco, via Balzan, immobili di grande prestigio, nel pieno del quartiere Brera.
Una cifra che apparve subito piccola, rispetto ai valori di mercato. E che non risolveva alla radice i problemi di bilancio, essendo Rcs indebitata per oltre 800 milioni di euro, a causa, soprattutto, della operazione di acquisto in Spagna della società editoriale Recoletos. Il Cdr pubblicò in tre puntate sul Corriere una documentata ricostruzione del caso Recoletos. Il Cdr utilizzò l’articolo 34 del Contratto di lavoro, che permette ai rappresentanti sindacali dei giornalisti di chiedere al direttore la pubblicazione di loro comunicati. Si leggeva, per esempio, in una delle tre puntate: “Il presidente di Recoletos, Jaime Castellanos, aveva anche una forte partecipazione in Retos Cartera, era presidente di Lazard Spagna e all’epoca era già cognato di Emilio Botin, presidente del Banco Santander. Botin, a sua volta, intratteneva ottimi rapporti con Luca Cordero di Montezemolo, in quel periodo presidente della Fiat e dunque secondo azionista del patto di sindacato che controlla il gruppo Rcs. Santander, sia detto per inciso, era presente su molti fronti italiani: sponsorizzava, per esempio la Ferrari, la casa di Maranello presieduta da Montezemolo. Santander, tra l’altro, aveva acquisito Antonveneta e poi l’aveva rivenduta al Monte dei Paschi di Siena, spuntando un’ingente plusvalenza. Nel primo passaggio di mano di Recoletos ebbe un ruolo anche la banca Banesto (azionista di Retos Cartera), presieduta da Ana Patricia Botin, figlia del presidente del Santander e nipote acquisita di Castellanos, nonché (fino all’aprile 2011) consigliere di Generali, azionista del patto Rcs”. Ci fu una forte reazione di protesta da parte di Luca di Montezemolo, con il direttore Ferruccio De Bortoli.ù
super-affare
Ma l’accordo con Blackstone non era solo basato su un prezzo favorevolissimo per il compratore. Prevedeva anche che Rcs affittasse il complesso appena alienato, per circa dieci milioni l’anno. Un dis-affare totale per Rcs, un super-affare per Blackstone. Cairo, diventato nel 2016, proprietario di Rcs, si è lanciato in un’impresa forse corretta, ma temeraria: denunciare Blackstone a causa del basso prezzo pagato. Non si occupò invece dei venditori di allora. Il Tribunale Arbitrale di Milano, per due volte, gli ha dato torto: a maggio 2020 e a maggio 2021, i lodi emessi hanno riconosciuto la validità della vendita del 2013. Ora si aspettava la sentenza decisiva da New York, dove Blackstone ha contro-citato Cairo per danni economici e d’immagine, chiedendo 600 milioni di dollari: Blackstone stava infatti per rivendere il complesso al Gruppo Allianz per 250 milioni di euro e la causa da Milano ha bloccato il rogito.
Cairo, dunque, ricompra la parte storica del palazzo, quella che si affaccia su via Solferino, disegnata, all’alba del ‘900, dall’architetto Luca Beltrami, quella della stanza del direttore con la Treccani, della sala Albertini con le lampade sopra l’immenso tavolo di legno, delle stanzette dei vicedirettori, i corridoi, le boiserie. La ricompra per 59,9 milioni, più dieci per le spese legali, un prezzo (per questa porzione) in linea con quello al quale Blackrock stava vendendo ad Allianz. Per l’altra parte del complesso, dove oggi si trovano alcune redazioni, la mensa, la Sala Buzzati e altri uffici, Cairo continuerà a pagare l’affitto, 8 milioni invece di dieci, scontando la parte riacquistata. Contratto appena rinnovato, dopo nove anni, per altri sei.
Il Cdr di oggi, in linea con quello del 2013 che scese in strada, “esprime soddisfazione” per il riacquisto.
La ferita appare sanata e, come ha detto Cairo stesso, “il mondo è cambiato in fretta, ma alcuni simboli restano”. Da quando ha acquisito Rcs, Cairo ha anche azzerato il pauroso debito che trovò (era, nel 2016 a 430 milioni).
(nella foto, via Solferino 28, la manifestazione contro la vendita del 13 novembre 2013)