Giovedì 8 settembre i media italiani hanno diffuso la notizia che un giornalista milanese, Mattia Sorbi, era stato gravemente ferito sul fronte della controffensiva ucraina a Kherson: la storia di come sia arrivato lì e di chi sia responsabile del suo ferimento è stata raccontata con due versioni assai diverse da Russia e Ucraina. Sorbi era in Ucraina per seguire la guerra come freelance e collaborava con alcune testate internazionali, ma in passato aveva lavorato anche per Rai e Repubblica.
Il 17 settembre Sorbi è rientrato per via aerea a Milano con assistenza medica, in un’operazione curata dall’Unità di Crisi della Farnesina in collaborazione con la Croce Rossa Italiana e la Croce Rossa Russa.
Una ricostruzione accurata è stata fatta dal Post diretto da Luca Sofri.
Due giorni prima che in Italia si sapesse che Sorbi era stato ferito, il 6 settembre, il giornalista tedesco Arndt Ginzel aveva scritto un post su Facebook dicendo che non aveva più notizie di Sorbi dal 31 agosto. La mattina di quel giorno Sorbi aveva scritto a Ginzel che si sarebbe spostato da Mykolaiv a Oleksandrivka, nella regione di Kherson, in una zona molto vicina al fronte. “Nel pomeriggio di giovedì 8 settembre -racconta Il Post- i giornali italiani hanno cominciato a scrivere che Sorbi era rimasto gravemente ferito nell’esplosione di una mina, poco dopo essere arrivato con un taxi nella zona del fronte. Di certo l’autista che viaggiava con lui è morto, Sorbi invece è rimasto ferito a una gamba e all’intestino, e ha dovuto subire almeno un intervento. L’episodio è avvenuto probabilmente prima dell’8 settembre”. Quel giorno l’Ansa ha riferito una dichiarazione proveniente dal ministero degli Esteri: “siamo in contatto costante con il giornalista, abbiamo notizie positive sul suo stato di salute, stiamo lavorando per farlo rientrare, in sicurezza, in Italia”.
Poco dopo la diffusione della notizia in Italia -scrive sempre Il Post- il ministero della Difesa russo ha scritto sul suo canale Telegram una sua versione dei fatti: due militari ucraini avevano ingannato Sorbi e lo avevano accompagnato in una zona minata dalle forze ucraine nel tentativo di ucciderlo, in modo da poter accusare la Russia dell’omicidio. Alcune ore dopo, il Centro strategico per la comunicazione e l’informazione di sicurezza del ministero dell’Informazione ucraino ha smentito la versione russa, e ne ha diffusa un’altra. Ha scritto che Sorbi era andato in una zona molto pericolosa nonostante fosse sconsigliato dalle autorità, che con lui non c’erano militari ucraini e che il fixer – cioè una persona del posto che assiste i giornalisti stranieri – si era rifiutato di accompagnarlo. Ha anche detto che Sorbi in passato aveva collaborato con media statali russi.
Sorbi lavorava come freelance all’estero da molti anni. Lo scorso anno era rimasto a lungo in Afghanistan dopo che i talebani erano tornati al potere e aveva collaborato con diversi media italiani.