Dal 18 ottobre è online Semafor, testata che vuole aprire nuovi orizzonti all’informazione. L’ambizione è creare il primo media post-social. Ben Smith, 47 anni (ex Politico, ex direttore di Buzzfeed News, ex columnist del New York Times) è il co-fondatore. Al momento ha circa 30 giornalisti e 25 milioni di dollari raccolti. L’altro co-fondatore è Justin Smith (ex capo esecutivo di Bloomberg Media). Nonostante il cognome, i due non sono parenti.
La testata è composta da 8 newsletter verticali (Media, Politica, Finanza, Ambiente…), ognuna firmata da un giornalista specializzato, pensate per un target di “200 milioni di persone istruite, interessate alla finanza, al tech e ai grandi temi economico-politici, che parlano inglese e che vivono ovunque”. I due Smith puntano a mantenersi con il 75% da pubblicità (branded content e semplici banner), e con il 25% dagli eventi sponsorizzati dalle aziende (tra le altre Mastercard, Verizon, e Hyundai) e con una forma di pagamento delle newsletter, da introdurre entro un anno e mezzo.
vie dirette
Ben Smith è stato intervistato da Francesco Oggiano su Digital Journalism, la sua newsletter sulla piattaforma Substack. “I social- dice Smith- saranno sempre più in crisi. Esploriamo altre vie”. Sottolinea le difficoltà di Twitter e Facebook e sostiene che i giornali dovranno creare vie più dirette per generare e mantenere il contatto col proprio pubblico. Lui ha scelto le newsletter. Perché riducono i costi e perché pensa che i lettori si fideranno sempre di più degli autori e meno delle testate.
Smith sostiene che il motivo principale per cui le persone leggono sempre meno i giornali è che si fidano sempre meno di quello che c’è scritto. Non ci sarebbe abbastanza trasparenza nello spiegare che anche gli articoli di notizie, quelli che non contengono opinioni, tutto sommato sono sempre influenzati dal punto di vista di chi scrive: perciò è inutile nasconderlo e anzi, bisogna renderlo esplicito. Semafor punta proprio a sottolineare l’importanza di chi scrive l’articolo, e anche per questo sotto al titolo, invece del solito sommario, c’è una breve bio dell’autore.
punti di vista
Smith dice che la “polarizzazione” delle opinioni, in particolare sui social, stancherà i lettori. Per Smith il peggior trend del giornalismo è seguire i social su questa strada: “Siamo tentati a scrivere quello che la gente vuole sentirsi dire”. Secondo Ben Smith, invece: “Dobbiamo fare gli scoop. Meno opinioni e più notizie fresche”.
La sfida di Semafor è “reinventare l’articolo”. Con il Semaform. Un contenuto diviso in cinque sezioni.
1. La notizia. Ovvero i fatti riportati nel modo più oggettivo possibile
2. Il punto di vista dell’autore, che esprime la sua opinione nel modo più trasparente possibile.
3. Altri punti di vista, magari da altri posti del mondo.
4. Opinioni contrarie a quelle dell’autore.
5. Altre cose, generalmente link di articoli che parlano di quella notizia.
Obiettivo: separare esplicitamente i fatti dalle opinioni.
slide e cards
La giornalista Gina Chua ha fatto un esempio di come un qualsiasi articolo potrebbe essere spezzato in un Semaform, partendo da una frase inventata come: “In una mossa che probabilmente gli costerà l’elezione, John Smith è stato sorpreso a rubare le caramelle a un bambino”. In un Semaform tutto questo non potrebbe andare insieme: “John Smith è stato sorpreso a rubare le caramelle a un bambino” andrebbe nella parte delle “notizie”, mentre nel “punto di vista del giornalista” andrebbe qualcosa come “si tratta di una mossa che probabilmente gli costerà le elezioni”.
Negli ultimi anni, ricorda Oggiano, hanno provato in tanti a reinventare l’articolo. Buzzfeed l’ha spacchettato in elenchi numerati, forse il formato più imitato al mondo. Business Insider l’ha diviso in Slide. Quartz l’ha ridotto a 500 parole. Vox l’ha impilato nelle Cards. Axios l’ha frantumato in paragrafi da una riga e bullet points.
Nessuno ha mai aperto davvero una nuova strada.
Smith è determinato: “L’articolo tende a eliminare la distinzione tra fatti e opinioni. Noi tendiamo a esplicitarla anche graficamente, per venire incontro a un lettore sempre più stanco nella ricerca di quella distinzione”.
(nella foto, Ben Smith)