di ALBERTO FERRIGOLO
Qualcuno spera o scommette ancora in un incontro dei vertici dell’Ordine dei giornalisti con il ministero della Giustizia entro la fine dell’anno, ma con la manovra economica da completare sembra improbabile. Nell’incontro si dovrebbe discutere sull’”autoriforma” dell’accesso alla professione, approvata lo scorso 8 novembre: l’Ordine ha stabilito che si può diventare giornalisti anche senza il classico praticantato controfirmato da un direttore responsabile, ma solo con la pratica giornalistica retribuita e un percorso con un tutor. Il ministero della Giustizia, sollecitato dai consiglieri di opposizione, ha detto che non è possibile, che la legge sull’ordinamento della professione giornalistica (numero 69 del 1963) lo impedisce. E ha bloccato tutto.
ricongiungimenti e free lance
Ora l’Ordine cerca una soluzione, ha chiesto questo incontro, che avverrà probabilmente a gennaio 2023. I vertici dell’Ordine sosterranno che da anni vengono cambiati i criteri interpretativi sull’accesso alla professione: è successo con i “ricongiungimenti” per i pubblicisti, con il praticantato riconosciuto ai free lance. Inoltre, il mondo del giornalismo è profondamente mutato da quando fu varata la legge sull’accesso, esistono competenze che non si potevano neanche immaginare, quindi -in attesa di una revisione della legge- è necessario intervenire a sanare molte situazioni.
Intanto, sul sito dell’Ordine nazionale la notizia dell’intervento negativo del ministero della Giustizia non è mai stata data. C’è soltanto il video del presidente Bartoli che illustra i benefici dell’”autoriforma”.
lombardia, veneto e lazio
Che succede, intanto, nei consigli regionali, che dovrebbero applicare le nuove regole?
“Da un punto di vista politico sono molto favorevole ad un allargamento delle regole d’accesso per i giornalisti alla professione, effettivamente troppo vecchie. Il fatto che il ministero l’abbia in qualche modo bloccato era previsto e prevedibile”, dice Riccardo Sorrentino, presidente dell’Ordine lombardo. E adesso? “Ora si apre una fase di interlocuzione con il ministero, per cercare di capire qual è la soluzione migliore per ‘allargare’, eventualmente anche arrivando a una riforma dell’articolo 34 della legge del 1963 per via legislativa”.
Secondo Giuliano Gargano, presidente dell’Odg Veneto, “è vero che con la riforma si tocca di fatto l’articolo 34 del testo di legge, ma il potere di modifica delle leggi spetta al legislatore e non all’Ordine, che deve applicare la legge”. Quindi, si tratta di una netta bocciatura? “Non vivo come una bocciatura la dichiarazione che questa decisione non sia prerogativa dell’Ordine. Ora qualcuno dovrà occuparsene nello specifico. Il ministero non entra nel merito, solamente dice: non lo potete fare voi. Io, come altri presidenti, ho accompagnato questa novità negli ultimi mesi: c’è stata una serie di incontri, prima di arrivare a un testo condiviso che, credo, voleva soprattutto essere un segnale al legislatore, per spronarlo a mettere mano alla legge quanto prima. Del resto – aggiunge il presidente veneto – la legge il prossimo anno compirà 60 anni, il mondo è cambiato, la professione è cambiata, esistono tutta una serie di realtà che fanno comunicazione, informazione, forse persino meglio dei giornali, ma non hanno una testata alle spalle. Qui in Veneto abbiamo interpretato questa scelta del nostro organismo nazionale come uno stimolo per far capire che è giunto il momento di adeguarsi ai tempi”.
criteri applicativi
Il punto, come spiega Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine del Lazio, è che “dopo il varo della riforma dell’accesso, approvata dal Consiglio nazionale a novembre, i Consigli regionali non hanno ancora studiato i criteri applicativi”.
Chi critica il modo con cui la riforma è stata approvata, la ritiene “un passo in avanti un po’ avventato del Consiglio nazionale dell’Ordine”, poiché “serve una legge dello Stato per poter cambiare le regole dell’accesso alla professione”. Insomma, una forzatura, “un passo in avanti un po’ troppo accelerato” che il ministero vigilante ha deciso di fermare.
(nella foto, Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti)