Il piano del Direttore Molinari, che vuole spostare Repubblica nell’era digitale, è giudicato dalla redazione “irricevibile”.
Nel piano -contestano- non si spiega a quali lettori il giornale vuole parlare, qual è il suo pubblico. Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica invece un’idea ce l’hanno: vorrebbero “(ri)creare un prodotto identitario, una testata che abbia a cuore i diritti civili e sociali dei più deboli e degli esclusi”. Negli ultimi anni, invece, “abbiamo assistito ad una perdita di indipendenza del giornale, anche rispetto agli interessi diretti e indiretti dell’editore”.
LARGA MAGGIORANZA
E’ qui la sostanza del lungo documento approvato a larga maggioranza, la sera del primo febbraio, dalla redazione. Un documento netto, che fa carico alla direzione Molinari di aver allontanato Repubblica dalla sua matrice fondativa e di averla resa troppo docile nei confronti dell’editore, la Gedi presieduta da John Elkann.
Il piano di Molinari -dice l’assemblea- “è un vago elenco di buoni propositi, senza alcuna filosofia editoriale di fondo. E’ “generico e lacunoso”, senza garanzie per i necessari investimenti e corsi di formazione a supporto. Prevede “organici inadeguati per un urgente cambiamento di rotta”. La redazione chiede alla direzione di dare risposte concrete alle osservazioni avanzate, di riformulare il progetto e di rinviare la sperimentazione. Si riserva nuove forme di protesta, “per difendere la qualità del lavoro e il futuro della testata”. Il Cdr riconvocherà l’assemblea entro 30 giorni.
La Direzione ha sospeso il piano per un mese e aprire una trattativa con il Cdr.
PEZZI PER IL WEB
La riorganizzazione prevede di mettere definitivamente al centro dell’attenzione l’edizione online, rispetto a quella di carta. Di trasportare sulla carta pezzi scritti per il web diverse ore prima, su pagine master da chiudere con una squadra di deskisti. L’assemblea “non si oppone alla transizione verso il digitale, ma non vuole essere compartecipe di scelte che ritiene profondamente sbagliate”: limitare in questo modo il peso della carta “significa condannare il quotidiano (da cui ancora oggi arrivano i ricavi più consistenti) ad una inesorabile ininfluenza nell’opinione pubblica, nonché nel dibattito politico e culturale del Paese”.
Secondo l’assemblea, Repubblica di carta, “continua a subire una fuga di lettori in misura ben superiore alla media di mercato, nonostante gli sforzi della redazione, penalizzata nell’organico e nei mezzi”. Il piano prevede l’abbandono del “quotidiano omnibus” e questo “significa lasciare ulteriore campo libero al principale concorrente che già oggi, a differenza nostra, registra invece una tenuta anche in edicola”.
ESPERIENZE E COMPETENZE
Il nuovo piano comporta -secondo la redazione- un allungamento del tempo di lavoro e quindi dei carichi, che graveranno maggiormente sia sui deskisti sia sugli scriventi. Senza che siano menzionati nuovi possibili apporti giornalistici: “Non si tiene conto del ciclo di prepensionamenti appena concluso, che ha comportato una perdita numerica e anche un venir meno di esperienze e di competenze, sopperito non del tutto dalle assunzioni previste dalla normativa e dello scorso anno”. Al contrario i nuovi apporti legati al piano hanno riguardato figure “tecniche” e non giornalistiche, professionalità competenti a livello social e seo, “che non possono bastare quando ci si richiama a un giornalismo di qualità, di approfondimento e di inchiesta”.
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