Niente da fare. L’Ordine dei giornalisti non può cambiare con una sua delibera i criteri per diventare giornalisti. Lo scrive il ministero della Giustizia che, per la seconda volta in cinque mesi, blocca i tentativi di riforma “dal basso” dell’Ordine guidato da Carlo Bartoli.
Prima a novembre e poi a marzo l’Ordine aveva stabilito che si potesse accedere agli esami da giornalista professionista anche se i presidenti regionali dichiaravano che si era svolta attività giornalistica retribuita da freelance. In assenza di una redazione dove apprendere il mestiere e di un direttore di testata a cui fare riferimento, così come indicano gli articoli 33 e 34 della Legge istitutiva dell’Ordine del 1963.
“Tutto chiarito”
La prima volta il ministero era intervenuto a bloccare l’iniziativa. La seconda volta l’Ordine aveva ripresentato un piano simile al primo, ma sostenendo che negli incontri con i dirigenti del ministero tutto era stato chiarito.
Ci sono stati numerosi ricorsi contro la seconda riforma e il ministero è di nuovo intervenuto, il 29 aprile, per chiedere all’Ordine di chiarire i propri intenti, di sospendere le sue deliberazioni in materia, sostenendo che comunque una legge varata in Parlamento si può essere cambiata soltanto in Parlamento.
Il Ministero, in particolare, critica l’Ordine per il comunicato emesso il 28 marzo dal presidente, in cui diceva che “in base al nuovo testo, frutto di una proficua e leale collaborazione con il ministero della Giustizia, i Consigli regionali dell’Ordine, nella loro autonomia, potranno procedere all’iscrizione al registro dei praticanti a seguito dell’accertamento del lavoro giornalistico svolto. Tale modalità consente, in aggiunta alle altre previste dalla legge, l’avvio del praticantato anche in assenza di una testata e di un direttore responsabile”.
“nessuna deroga”
Nella lettera inviata all’Ordine dal direttore generale del ministero della Giustizia, Giovanni Mimmo, si spiega che “nessuna potestà regolamentare in materia di accesso al praticantato giornalistico è stata attribuita dal legislatore al Consiglio nazionale”, tanto più “ove questa si configuri come deroga alla fonte normativa primaria”, vale a dire la legge.
Come già argomentato a dicembre 2022, le norme della legge del 1963 stabiliscono “in modo chiaro e univoco i requisiti e le modalità per l’iscrizione nel registro dei praticanti”, ancorandola a una testata e un direttore responsabile, “riferimento diretto e ineludibile”.
Di conseguenza -scrive Mimmo- l’unica possibile legittimità dei criteri “interpretativi” adottati con la delibera del 28 marzo 2023 dal Consiglio nazionale dell’Ordine “può risiedere in un loro affiancamento a quelli di matrice legale”: questi restano vigenti e non possono in alcun modo essere omessi, “sino a quando, per ipotesi, non dovessero essere modificati dal legislatore”.
“assoluta urgenza”
Il ministero non può quindi approvare deroghe alla legge, ma solo permettere un aggiornamento di criteri in vigore dal 2002, “applicati, finora, senza che si ponesse alcun dubbio circa il parallelo obbligo di applicare anche le norme imperative”.
Quindi, il Consiglio nazionale dell’Ordine viene invitato “con assoluta urgenza” a rettificare il comunicato relativo ai criteri indicati nella delibera del 28 marzo 2023, “precisando a tutti gli Ordini regionali che si tratta di un corpus regolamentare aggiuntivo rispetto alle prescrizioni di legge, senza in alcun modo costituire una deroga ai requisiti imperativamente richiesti, in particolare, dagli art. 33 e 34 della legge professionale, nonché dell’art. 36 del regolamento attuativo”.
Si invitano i Consigli regionali, “sottoposti, al pari di quello nazionale, alla vigilanza del ministero della giustizia, a fare riferimento in ogni caso, per l’accesso al praticantato giornalistico, alle previsioni contenute nelle norme primarie che regolamentano la professione del giornalista, al fine di non consentire accesso indebito a soggetti privi dei requisiti imposti dal quadro normativo attualmente vigente”.
Né sul sito dell’Ordine, né su quello della Federazione della Stampa c’è traccia di questa notizia.