Era il 4 maggio 2010 quando fu eletta direttrice del manifesto. Il 25 giugno 2023, tredici anni e due mesi più tardi, ha scritto un lungo articolo (“L’orgoglio di guidare il manifesto”) per dire che lascia: “Riconosco a cuor leggero che guidare un quotidiano richiede energie più fresche”.
Norma Rangeri, non la prima ma sicuramente la più longeva donna al comando di un quotidiano italiano. E la più longeva fra i responsabili del manifesto. Il 27 giugno, secondo una prassi unica sicuramente in Italia ma anche nel mondo, tutti i membri della cooperativa del manifesto, 30 giornalisti e 22 poligrafici, hanno eletto nuovo direttore Andrea Fabozzi. Trentadue voti a favore, 15 no e 5 schede bianche. Era candidato unico e al primo voto doveva ottenere -per insediarsi- la maggioranza assoluta. Nelle votazioni successive il quorum cala.
Con Rangeri, Tommaso Di Francesco era condirettore e Matteo Bartocci responsabile dell’edizione online.
rinnovamento generazionale
Fabozzi, 52 anni, è al manifesto da vent’anni, è stato anche il caporedattore centrale, ora è al servizio Politico, grande esperto di giustizia e riforme.
Quello che si prospetta nel battagliero “quotidiano comunista”, che ha compiuto 52 anni lo scorso 28 aprile, è un cambio generazionale. Rangeri è molto rispettata in redazione, anche se non tutti negli ultimi tempi hanno sposato la sua scelta di piena difesa delle ragioni dell’Ucraina aggredita, preferendo posizioni più dialettiche, in particolare sulla persistenza dell’invio di armi da parte dell’Europa. Nel novembre 1969 i leader del gruppo politico del manifesto, Rossanda, Pintor e Natoli, furono radiati dal Pci, per aver criticato un’altra invasione, quella sovietica della Cecoslovacchia di Dubcek. Lo fecero sul manifesto che era allora una rivista mensile.
empatia verso i deboli
L’articolo di saluto di Rangeri ripercorre molti anni di storia e di politica. “Le forze democratiche e di sinistra- dice- non godono di buona salute e noi del manifesto, che di questa sinistra siamo parte, soffriamo l’inadeguatezza del nostro campo. La sinistra deve ritrovare il suo popolo, l’empatia verso i più deboli, verso chi dipende da un salario e deve fare i conti con un nuovo lessico dei diritti sociali e civili molto cambiato”. Rangeri definisce “clamorosa e positiva” la svolta nel Pd “con la leadership di una giovane donna come Elly Schein”. Ricorda l’uscita dal giornale dei fondatori Rossanda e Parlato quando lei diventò direttrice, al vertice di un gruppo che non voleva chiudere l’esperienza e fondò una nuova cooperativa. E ricorda il loro ritorno di madri e padri nobili sulle pagine del giornale. Ricorda l’insegnamento di Pintor sull’autonomia delle pagine quotidiane del manifesto “pensate come forma originale della politica”, non come giornale-partito. Ringrazia in particolare Luciana Castellina, “per aver sostenuto la nostra proposta di lavoro e per averci stimolato ad andare avanti: lei è unica, preziosa, insostituibile”.
“Dipendesse solo da me -sostiene Rangeri- sotto la testata scriverei ‘quotidiano del pensiero critico’ specialmente in una fase storica in cui omologazione sudditanza e servilismo dominano in tutti i campi”. Al posto di “quotidiano comunista”.
Professione Reporter
(nella foto, Andrea Fabozzi)
Non compete a chi non è lettore commentare questo giornale e ovviamente il cambio di un Direttore, ma penso che nulla o quasi cambierà per questo giornale. Una cosa però va detta. Qui tra le varie si presenta una questione che non si può far finta di non averla letta e cioè che la dicitura “quotidiano comunista” sia stata non gradita esplicitamente dall’ex Direttore, come leggo, e invece, come dire, obiettivamente gradita dalla maggioranza del corpo redazionale. La cosa naturalmente è ininfluente e, chi è comunista, non gli interessa più di tanto. Sì, perché non è l’abito che fa il monaco, essere comunisti oggi in questo mondo ormai pluri-liberista significa avere a cuore altri principi e non una dicitura su un quotidiano. Quindi, avanti tutta con il liberismo, o neoliberismo, e tanti auguri.