di LAURA VALENTINI

L’Italia è al quartultimo posto tra i Paesi Ue per quanto riguarda la trasparenza delle proprietà dei principali mezzi di informazione. E’ il risultato della classifica stilata dall’Euromedia Ownership Monitor (EurOMo-27), database online che fornisce dati sulla proprietà e il controllo dei mezzi d’informazione in Europa. 

Secondo lo studio, i fattori che influenzano negativamente la trasparenza dei media in Italia derivano soprattutto dalla struttura a scatole cinesi, più società innestate in un grande macrogruppo, che caratterizza le realtà mediatiche del nostro Paese e che non permette di risalire in maniera lineare e chiara alle figure apicali.

controllo del flusso

A questa problematica si aggiunge la costante influenza delle affiliazioni esterne ai media informativi: i media outlet analizzati dal team italiano, composto da professori e dottorandi del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza di Roma, comprendono le tre reti pubbliche (Rai 1, 2 e 3), Mediaset (Rete 4, Canale 5 e Italia 1), La7 e il canale all news SkyTg24, i principali quotidiani italiani (Corriere della Sera, La Repubblica, Avvenire, Il Fatto Quotidiano, Il Giornale e Il Sole 24 Ore) e i portali di notizie più visitati (Il Fatto Quotidiano.it, SkyTG24.it, Today.it e Fanpage.it). La stretta affiliazione della maggior parte di questi a partiti politici – come nel caso de Il Giornale e delle reti del gruppo Mediaset – e/o a gruppi di interesse – come per Avvenire, quotidiano della Cei, e il Sole24Ore, quotidiano economico legato a Confindustria – può creare problemi per quanto riguarda l’effettiva indipendenza di tali media da influenze esterne. Questi rischi, se non affrontati, possono avere un impatto significativo sulla percezione pubblica rispetto alla credibilità dei media italiani e sul “controllo” del flusso delle notizie, sottolineano gli studiosi.

danimarca e germania

I Paesi che invece registrano le condizioni più favorevoli per la trasparenza dei media risultano Austria e Svezia, seguiti da Danimarca e Germania. Fanalini di coda l’Ungheria e la Repubblica Ceca. L’Italia si attesta al di sotto della media europea, con un indice di rischio calcolato da EurOMo pari a 1.66 rispetto all’1.86 della media UE. 

I fattori che rendono un Paese virtuoso dal punto di vista della trasparenza della proprietà dei media sono collegati principalmente alla più o meno facile reperibilità dei dati sulle società che detengono questo tipo di asset, unita alla presenza di rigidi sistemi legali volti a tutelare tale aspetto. In Austria vige un regime di trasparenza quasi del tutto assoluto riguardo la strutturazione manageriale delle società proprietarie di mezzi di comunicazione, ponendo l’accento sulla poca chiarezza da parte delle fondazioni private. In Svezia, oltre a vigere un sistema legale molto rigido sulle questioni di pubblicità dei dati sulla proprietà, è il sistema di produzione e distribuzione di notizie a livello locale a giocare un ruolo fondamentale nella formazione dell’opinione pubblica, facilitando l’accesso all’informazione anche ai piccoli centri abitati scollegati dalle grandi città. Problema che, in Italia, spesso si ravvisa nella difficoltà di far arrivare i grandi quotidiani nazionali nei piccoli paesi dei territori interni o nelle grandi e piccole isole.

fonti pubbliche

La piattaforma del progetto (disponibile al link: https://media-ownership.eu/.), lanciata ufficialmente venerdì 7 luglio 2023, fornisce un database pubblico e accessibile senza particolari competenze, utile per confrontare questi dati tra tutti i Paesi soggetti dello studio. E’ il risultato di un’attività di ricerca condotta in due fasi da un team in cui sono rappresentati tutti i 27 Stati membri dell’Ue, è stato cofinanziato dalla Commissione europea nell’ambito del Piano d’azione europeo per la democrazia 2020, e corrisponde agli obiettivi dell’European Media Freedom Act 2022 (coordinamento dell’unità di ricerca italiana: professor Christian Ruggiero). Entro settembre, il database verrà completato con i risultati dai rimanenti 12 Paesi coinvolti nel progetto. I dati sono stati raccolti attingendo a fonti pubbliche, come banche dati del Governo e delle Camere di Commercio locali, e aggregati in un indice di rischio complessivo diviso in tre dimensioni: produzione di notizie, distribuzione dei prodotti giornalistici e regolamentazione del mercato mediale.

(nella foto, la sede di Confindustria, proprietaria del Sole 24 Ore)

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