Ventiquattro luglio, il Tribunale di Milano (Giudice del lavoro Riccardo Attanasio) ha condannato il Sole 24 Ore a cessare immediatamente il comportamento discriminatorio nei confronti di una giornalista e a versare un risarcimento di 150mila euro per i danni professionali e d’immagine.
Una giornalista -si legge nella sentenza- “letteralmente espropriata del contenuto centrale delle sue mansioni” in occasione del suo periodo di maternità obbligatoria. Un periodo particolarmente delicato per tutte le mamme e, in questo caso, per una collega, che è stato usato “svuotando il ruolo e la professionalità” e “relegandola al ruolo di mera correttrice di bozze”. Una situazione, durata “ad oggi oltre 26 mesi”, sulla quale non ci sono stati interventi, nonostante “le notevoli sollecitazioni” verso il caporedattore competente e verso il direttore responsabile. Una società che “ha ritenuto di non dovere modificare la linea intrapresa durante l’assenza della ricorrente nel periodo della maternità”.
letteratura e poesia
Lara Ricci lavorava all’inserto culturale settimanale Domenica. Da diversi anni -ha scritto l’Associazione Lombarda Giornalisti- era responsabile delle pagine di letteratura e poesia e gestiva oltre 60 collaboratori. Al suo ritorno dal congedo maternità obbligatorio, nel maggio 2021, si è vista revocare tutte le mansioni, ritrovandosi a fare meno e avere minori responsabilità di quelle di 25 anni prima. Le sue rubriche sono state cancellate, così come le trasferte e le attività di organizzazione e ideazione delle pagine e le possibilità di scrittura ridotte drasticamente. A niente sono serviti gli interventi del Cdr e due diffide inviate. Nemmeno le richieste di un colloquio con la nuova amministratrice delegata hanno avuto risposta. Ricci si è rivolta al Tribunale di Milano, che le ha dato ragione, condannando il giornale per discriminazione, ordinando la restituzione delle mansioni sottratte, il pagamento dei danni, e la pubblicazione di un estratto del decreto di condanna sulle pagine del giornale entro la fine di luglio.
italia anni ’50
Ne ha dato notizia il Comitato di redazione con un comunicato sul giornale: “Non parliamo, purtroppo -scrive il Cdr- dell’Italia degli anni ’50, ma citiamo solo alcuni significativi passaggi di una sentenza del tribunale di Milano. Il 30 gennaio scorso, esattamente sei mesi fa, il Gruppo 24 Ore è stato il primo gruppo editoriale italiano ad ottenere la Certificazione sulla parità di genere. Questa sentenza dimostra che in questi mesi, oltre a lavorare sulla comunicazione esterna, sarebbe servita, e servirebbe, maggiore attenzione dell’azienda e della direzione a quello che accadeva all’interno della redazione. E sarebbe servito, e servirebbe, maggiore ascolto: gli appelli del Comitato di redazione, su questa e purtroppo su altre vicende, sono rimasti troppo spesso inascoltati. I fatti che in questi giorni riguardano i colleghi di Radio 24 ne sono solo l’ennesimo esempio. Le relazioni sindacali, negando la nostra storia, sono state ridotte a un flusso unilaterale, nel quale l’azienda parla e i dipendenti recepiscono. E ora tutti ne paghiamo il prezzo”.
valori inalienabili
Sotto il comunicato del Cdr, Mirja Cartia d’Asero, amministratrice delegata del Sole 24 Ore spa, ha risposto così: “Vanto di questa azienda è la difesa e soprattutto la promozione della parità di genere e dei diritti delle donne e delle minoranze. E non c’è chi non sappia, internamente ed esternamente, come questi valori siano per me inalienabili e irrinunciabili. La sentenza è ‘lunare’ e ovviamente proporremo tutte le azioni giudiziali per sovvertirla in quanto riteniamo vi siano numerosi profili non ancora adeguatamente valutati dal Giudice. Ancora più ‘lunare’ è in ogni caso il Vostro comunicato, alla luce degli immani sforzi che tutti – come noto- quotidianamente profondiamo per tenere alto il nome del nostro Gruppo in un percorso di confronto e dialogo a tutti i livelli”.
(nella foto, Fabio Tamburini, direttore del Sole 24 Ore)
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La signora Mirja Cartia d’Asero, amministratrice del gruppo Sole 24 Ore, nella sua noticina infarcita di molte belle parole, definisce sia la sentenza del Tribunale di Milano sia il comunicato del Cdr con l’aggettivo “lunari”, in sostanza appartenenti ad un altro pianeta. Dunque usa un para-dosso che etimologicamente vuol dire “contro la opinione comune”.
… Fa impressione questa dichiarazione della signora Mirja Cartia d’Asero che prima declara, l’inalienabile e irrinunciabile suo convincimento sulla sacralità della “parità di genere e dei diritti delle donne”, e un rigo dopo sbertuccia la sentenza di un tribunale che quei diritti e quel principio di parità riconosce vilipesi e calpestati proprio da lei medesima. Senza peraltro offrire il minimo, fondato e comprensibile argomento a sua giustificazione.
Ecco, la collega Lara Ricci ha di che esser fiera per aver tenuto la schiena dritta ed aver ottenuto un pronunciamento giudiziario che serve alla giurisprudenza, alla democrazia sindacale, a tutte le colleghe e i colleghi delle nostre redazioni.