di PAOLO BROGI

In poco meno di ventiquattr’ore mi mandò la copertina su Giuseppe Pinelli, per il libro che stavo per pubblicare. 

Sergio Staino, appena scomparso all’età di 83 anni, lo avevo incontrato negli anni ’80, quando tra giornalisti e disegnatori era facile l’intesa. Erano i tempi del Male, grande fucina del disegno satirico e della caricatura, e il suo Bobo era uscito da poco su Linus (1979). Siccome era toscano di Piancastagnaio, questo aggiungeva un legame ulteriore, visto che anch’io sono toscano, come c’era con altri, Mannelli e Vauro (colpa della “gorgia” toscana che loro hanno molto più di me). Lui aveva continuato col suo Bobo, trasformandosi per qualche tempo in anni recenti anche in direttore dell’Unità, e io fino al 2009 avevo fatto il giornalista “attivo”, nel senso che lo sono ancora collaborando qua e là, ma da pensionato. Più giovane di lui, mi avevano rattristato le sue vicende di salute, su cui sono stato ragguagliato da amici comuni, a partire dai malanni agli occhi.

Era dunque il 2019 ed ero davanti alle bozze del libro “Pinelli, l’innocente che cadde giù”, sottotitolo ”Dalle carte degli Affari Riservati nuova luce su depistaggi e montature”, ulteriore strillo di copertina “Con la testimonianza delle figlie Claudia e Silvia”. Così mi chiesi se fosse solo affar mio occuparmi di Pino Pinelli o non dovesse essere anche un affare anche di altri, ad esempio i disegnatori. Così, di getto, scrissi allora un’email collettiva che da Altan arrivava mi pare, alfabeticamente parlando, a Vauro. In mezzo, insieme a tanti altri, c’era anche Sergio Staino, che non vedevo da tempo. A tutti chiedevo un disegno, insomma qualcosa che significasse una partecipazione. Poche ore dopo mi rispose Staino, non solo dicendo di sì, ma inviandomi un disegno in bianco e nero. “Se lo vuoi a colori, dimmelo”, mi comunicava più o meno nel suo testo di accompagnamento. 

Anche altri si resero disponibili, certo, ma la tempestività di Staino seppure malandato mi colpì. E così il suo Pinelli “tricolore”, che in nome del nostro Paese fece scrivere a Staino nella didascalia “…quella notte cademmo un po’ tutti”, diventò una copertina da libro. 

Grazie ancora, caro Sergio. In seguito, saputo che alcuni anarchici avevano obiettato sul “tricolore” (evidentemente un po’ scarsi di comprensione). Riferii a Sergio Staino, che si fece un gran bella risata.

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