di ELETTRA BERNACCHINI
Il Trentino-Alto Adige è diventato un caso studio dal punto di vista editoriale. Nel sito della Fnsi è uscita la notizia di un comunicato firmato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, Comitati di redazione delle testate locali e Ordine regionale in cui si esprime molta preoccupazione per “la proposta della giunta provinciale di istituire a Bolzano un comitato consultivo per i media”, di fatto un organismo di controllo sulla stampa. Tra i firmatari c’è Salto.bz, giornale online di area progressista, indipendente e bilingue – come tale unico nel suo genere in Alto Adige – nato nel 2013 e gestito dalla società cooperativa Demos 2.0.
A marzo 2023, Athesia, principale gruppo editoriale della regione, aveva chiesto a salto 150mila euro di risarcimento per degli articoli considerati diffamatori. “Ci hanno accusato di stalking mediatico”, racconta il capooredattore Fabio Gobbato, 25 anni di carriera alle spalle. “Parliamo di un gruppo che possiede tutti i principali giornali di lingua tedesca e lingua italiana, i giornali di valle, che ha acquistato da poco quote di Video 33, la televisione altoatesina privata più rilevante. Una forza pervasiva, non solo economica ma anche politica (la dirigenza del gruppo è legata al partito autonomista Südtiroler Volkspartei): come si fa a non parlarne?”.
dieci anni fa
Dieci anni fa, il progetto Salto è stato avviato per rispondere al semimonopolio che si stava già delineando. Farsi conoscere è stato semplice, aveva dalla sua un lavoro giornalistico di qualità e tutte le potenzialità dell’online. Altro discorso era far quadrare i conti. Un primo aiuto è arrivato con la legge provinciale di sostegno ai media del 2015, un contributo di circa “30-40mila euro all’anno”, che si si è sommato a qualche migliaia di euro di privati simpatizzanti con il giornale. La vera svolta è stata l’accesso ai contributi statali (d.lgs 70/2017) per le imprese editrici espressione di minoranze linguistiche – da cui il Dolomiten del gruppo Athesia prende 6 milioni di euro da almeno quattro anni. “Abbiamo potuto fare domanda – racconta Gobbato – perché scriviamo la maggioranza degli articoli in tedesco, pur con un buon numero di pezzi in italiano. Il primo finanziamento è stato di circa 170mila euro, poi ci siamo assestati attorno ai 200mila. Così è stato possibile assumere nuovi giornalisti, anche con una certa anzianità professionale già maturata come me, e più persone per quello che chiamiamo back office”. Se prima qualcuno doveva star dietro a più cose contemporaneamente, dopo è stato possibile dedicare una risorsa alla gestione pubblicitaria, una ai canali social e così via, in ottica di specializzazione delle mansioni.
mascherine, lo scoop
Questa strategia, unita al generale boom dell’online durante la pandemia, più uno scoop legato sempre al Covid-19 – su mascherine non a norma acquistate dall’Azienda sanitaria locale – hanno fatto lievitare il numero dei lettori. “Oggi – continua Gobbato – abbiamo in media 25mila utenti unici al giorno sul sito e 2mila abbonati (500 sono arrivati dopo la notizia della richiesta di danni da parte di Athesia)”. Un dato rilevante riguarda il tempo di lettura degli articoli di Salto, generalmente elaborati e approfonditi fin dove possibile: “In media arriva anche a cinque minuti per i primi 20-25 pezzi più letti della settimana, un tempo enorme rispetto alla norma”, fa notare il caporedattore. Attualmente l’organico è composto da 17 persone, di cui una decina giornalisti. Due sono over 50, gli altri hanno una media di 30 anni o poco meno. “L’ultimo ragazzo che abbiamo assunto in redazione ha 19 anni – dice il caproredattore – e insieme a un altro di 23 anni sono stati presi con l’obiettivo, tra un anno, di farli concentrare sulla produzione di contenuti giornalistici ad hoc per TikTok e simili”.
giornalismo partecipato
Con questi numeri, Salto è diventata una realtà di un certo peso, con una redazione tra le più grandi in zona insieme a quelle di Rai, Dolomiten e Alto Adige. Sua peculiarità è la Community, uno spazio dove qualsiasi utente può pubblicare contributi e commentarne altri, una forma di giornalismo partecipato che era nello spirito del giornale fin dal sua fondazione. “Non c’è una pre-approvazione – spiega Gobbato – la persona che si occupa dei social network fa anche da moderatore: un lavorone, considerando la necessità di essere tempestivi nel segnalare quando qualcosa non va bene. Seguiamo delle regole minime per evitare querele, ma per il resto non censuriamo. Ci sono persone attente che riescono a distinguere tra un contenuto della Community e uno della redazione, ma spesso non è così. Non è sufficiente, ad esempio, cambiare il colore di una targhetta per differenziare le due cose. Un momento di crisi è stato durante il Covid: scrivevano molte voci no-vax e qualcuno associava determinate affermazioni a Salto, come fossero state scritte dai giornalisti. Si era creato un po’ di imbarazzo, ma ora è tutto superato. Anche io, che inizialmente ero contrario, mi sono convinto che la Community sia una risorsa utile”. Uno spazio di confronto come non se ne trovano più molti, pur con qualche inevitabile controindicazione. “Per dire, c’è un gruppetto di persone, formato prevalentemente da anziani con molto tempo libero, che si accanisce ogni volta che escono articoli della collega che si occupa di femminismo e il dibattito si appiattisce. Però ci sono anche commentatori di ottimo livello”.
ottomila euro
Finora Athesia non si è fatta viva per dare seguito alla richiesta di risarcimento, e Salto non ha cambiato posizione o linea editoriale. L’obiettivo per il nuovo anno è rafforzare la strategia sugli abbonamenti, aumentare il numero di lettori puntando magari su tematiche che svalicano i confini regionali come lo sviluppo della montagna, l’overtourism, lo slow tourism, che interessano i residenti ma anche gli esperti del Cai, gli amanti del territorio, le vicine province venete o lombarde. Le sottoscrizioni sono l’àncora di salvezza, qualora dovessero chiudersi i rubinetti dei finanziamenti pubblici. “Ci garantiscono una libertà sconfinata – afferma Gobbato – che va al di là dei cambi di governo. Il finanziamento privato è una gran cosa ma rischia di condizionare l’attività”. Per fare un esempio, Salto ha partnership con vari attori istituzionali del territorio che pagano per tenere forum dedicati nel sito: verso Natale è uscito un articolo scritto dallo stesso Gobbato su una vicenda riguardante un partner, e quest’ultimo ha deciso di interrompere il finanziamento di 8mila euro, soldi senza i quali in passato la redazione avrebbe dovuto rinunciare almeno a un redattore. “Non so – ammette il caporedattore – se sarei avrei agito con lo stesso spirito senza la certezza dei fondi pubblici. L’altra faccia della medaglia è la schiavitù dei click: sei costretto a vendere spazi pubblicitari sottocosto, a fare titoli clickbait. Noi, ora, possiamo permetterci di non fare tutto questo: siamo fortunatissimi e speriamo che duri”.
(nella foto, Fabio Gobbato, secondo da sinistra)