di ELETTRA BERNACCHINI
Pasquale Quaranta dal 1 febbraio 2024, su ordine di servizio firmato dal direttore Maurizio Molinari, è diventato “diversity editor” di tutte le testate del gruppo Gedi, dopo esserlo stato per quasi un anno solo di La Stampa. Una presa di posizione netta da parte della Direzione editoriale rispetto a quella che è una sfida del giornalismo contemporaneo: informare senza discriminare. In Italia, nessuno prima di Quaranta ha ricoperto questo ruolo all’interno di una redazione. “Una cosa – dice il giornalista – inizia a esistere solo dopo che ha avuto un nome. Ma io sono vent’anni che scrivo di questi temi!”.
La funzione e la storia della persona, e del professionista, sono legate a doppio filo. Figlio di un ex-frate francescano, per otto anni studente in una scuola cattolica di Battipaglia, oggi 40enne, Pasquale Quaranta dice di essere “nato come giornalista militante”. Fondatore nel 2003 dell’Associazione culturale omosessuale Federico Garcia Lorca, poi divenuta Arcigay Salerno, nel 2005 portavoce del primo Salerno Pride, poi consigliere nazionale Arcigay, curatore del libro “Omosessualità e vangelo. Franco Barbero risponde” (2008) e collaboratore del periodico di Legambiente La nuova ecologia. Nel 2011 fondatore di Omo, Osservatorio media e omosessualità e tra i principali promotori del Premio giornalistico “Penna arcobaleno”. Dieci anni fa, l’ingresso nel gruppo Gedi, dopo uno stage. “Colleghi e colleghe più grandi –racconta– spesso mi facevano notare che segnalavo tante cose relative a tematiche lgbtqia+. Mi mettevano in guardia sul rischio di autoghettizzarmi, giocarmi possibilità di fare carriera. Ci ragionavo molto, ovviamente lavoravo su tutto quello su cui serviva lavorare, ma ho continuato a battere il ferro sulle notizie relative a quelle tematiche. E oggi domando: diresti mai una cosa del genere a chi fa il vaticanista?”.
rapporto con i lettori
La visione di Quaranta e il suo bagaglio di esperienze si sono innestate bene sia a Torino, città dove fa base e “capitale italiana dei diritti” delle persone lgbtqia+, sia in quello che lui definisce il “dna di La Stampa, che in passato, sempre per prima, ha introdotto figure come il social media editor, web editor, innovation editor… “. Editor, nel mondo dell’informazione anglosassone, è un giornalista che supervisiona, coordina e gestisce la produzione di un giornale in determinati settori. La collega Anna Masera è stata fonte di ispirazione per Quaranta: “Lei era la public editor di La Stampa, una sorta di garante dei lettori e delle lettrici. Se notavano leggerezze, imprecisioni o errori in un articolo, potevano segnalarle. Lei avvicinava l’autore del pezzo per capire se il punto poteva essere reso diversamente, migliorato. Poi rispondeva a chi le aveva scritto. Mi sembrava un bel modo di fare giornalismo, perché rafforzava il rapporto con i lettori e rappresentava un cambio di paradigma rispetto al tipico atteggiamento del giornalista che non accetta critiche”.
tutte le comunità
Altro riferimento è stata Krissah Thompson, prima afroamericana a diventare caporedattrice del Washington Post. “In un’intervista –continua Quaranta– disse che il suo giornale non rappresentava l’America perché ‘il 71% del personale della redazione era di etnia bianca’. Quando (nel 2020) ha assunto il ruolo di diversity manager per la testata, le è stato affidato il compito di promuovere l’assunzione, la promozione e il tutoraggio di nuove risorse, per rendere la redazione un riflesso di tutte le comunità di cui il giornale si occupa”.
Quaranta allora iniziò a mettere questa stessa attenzione nel suo lavoro giornalistico quotidiano, occupandosi delle questioni lgbtqia+, delle disabilità fisiche e altre tematiche relative alla diversity –che lui preferisce tradurre come “variegatezza”, cioè un qualcosa che rende unico e valorizza ogni individuo, più che come “diversità”, parola che molto spesso ha avuto e ha connotati dispregiativi. La sfida è di ridurre il divario tra le persone, lettori e lettrici, e cambiare la rappresentazione mediatica che deriva dalla limitata e uniforme popolazione delle redazioni, per lo più formata da “maschi, eterosessuali, cisgender, con istruzione medioalta e piuttosto abbienti”.
direzione giannini
A maggio 2023, sotto la direzione di Massimo Giannini, Quaranta ha assunto ufficialmente il ruolo di “diversity editor”. “A livello contrattuale –spiega– sono un giornalista redattore e attualmente lavoro al visual desk. Quando sono in turno e passo i vari contenuti da pubblicare, controllo se ci siano cose scritte o montate male su queste tematiche, oppure aggiungo informazioni utili. Per esempio, in calce al video dell’aggressione al Gay Center di Roma (2 febbraio 2024), dopo il racconto del fatto di cronaca, ho messo la scritta: ‘Se stai subendo discriminazioni, violenza o bullismo contatta il numero verde della Gay Help Line o la Rainbow Line del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli’. La stessa cosa possiamo farla per i video su notizie relativi alla salute mentale, ai disturbi dell’alimentazione e altro”. Quaranta ha fatto una battaglia per usare il termine “gestazioni per altri” anziché “utero in affitto”, per scrivere “la donna trangender” o “l’uomo transgender” a seconda del genere d’elezione. Quaranta ha scritto recentemente sul “diversity prof” di una scuola di Alessandria e sul caso Mengoni-Mahmood a Sanremo.
Ne va, tra le altre cose, della responsabilità dell’informazione di suscitare un “effetto Papageno” –dal personaggio di “Il flauto magico” di Mozart che pensa di suicidarsi ma poi non lo fa– e non un “effetto Werther”. Della narrazione sul suicidio e non solo si è parlato nei corsi di formazione che Quaranta ha organizzato durante il 2023, nell’ambito delle sue funzioni di “diversity editor”: “Ho coinvolto una venrina di esperti per discutere di identità di genere, stereotipi femminili, ageismo, neurodivergenze, ambiente. Sotto l’egida dell’Ordine dei giornalisti, in modo da renderli accessibili ai colleghi e alle colleghe di altre testate: i posti sono andati esauriti, c’era la possibilità di ottenere crediti deontologici”, cosa che avverrà anche per i corsi del 2024.
nulla da imparare
Spiega: “Nella mia roadmap ci sono la sensibilizzazione (ad esempio via gruppi Whatsapp, dove discutere punti controversi dei contenuti da pubblicare), i corsi anche per gli altri dipendenti del gruppo e non solo i giornalisti, e la realizzazione di linee guida da condividere”. L’esperienza di Quaranta ha portato alla nascita di un corso sul diversity journalism al Master in giornalismo di Torino ispirato la nomina come diversity, equity & inclusion editor di Monica D’Ascenzo per il gruppo Sole24Ore.
“La difficoltà più grande –dice Quaranta– viene dal o dalla collega che ritiene di non avere più nulla da imparare, e dalla maggioranza silenziosa che non prende una posizione. A chi afferma ‘Non si può più dire niente’, rispondo che è così solo se ci si ostina ad attingere a un vocabolario fatto di vecchi stereotipi. Penso alla formula ‘Madre abbandona neonato in strada’: perché non usare ‘Madre lascia figlio in strada’ ad esempio, oppure chiedersi dove sta il padre in questa situazione e magari utilizzare la formula ‘Genitori lasciano il figlio in strada’”.
obiettività e parzialità
Nel 2021 al Testo Unico deontologico della professione è stato aggiunto l’articolo 5 bis, che tratta proprio la questione del linguaggio scorretto nel racconto di femminicidi, violenze, molestie e fatti di cronaca legati a orientamento sessuale e identità di genere, e prevede sanzioni in caso di recidiva. A giugno 2023, in un numero di Vanity Fair allora curato da Michela Murgia, Quaranta ha avanzato la proposta di redigere una vera e propria “Carta deontologica arcobaleno intersezionale”. Dice: “Credo più nell’importanza di una corretta formazione in materia, che non nel comminare pene da parte dei Consigli di disciplina: fanno un gran lavoro, anche se forse comunicato male, ma spesso dire cosa fare e cosa no è una pratica che rischia di inasprire gli animi” e che può avere un effetto opposto a quello sperato.
Rispetto a un’ipotetica accusa di non essere un giornalista obiettivo, Quaranta risponde: “Credo che l’obiettività stia nel dichiarare la propria parzialità. Quando ai lettori dichiaro ‘Sono questo e faccio questo’, sanno quale acqua stanno bevendo”.
(nella foto, Pasquale Quaranta)