di VITTORIO ROIDI
E’ il momento di fare attenzione: il nemico che i giornalisti hanno di fronte potrebbe fare guasti terribili, aggravare ancor più la condizione in cui si trova la categoria. L’algoritmo, più che un nemico può essere considerato un’insidia, un veleno capace di far ammalare e inquinare il prodotto che offriamo ai cittadini.
Professione reporter chiede ai colleghi di segnalare ciò che sta avvenendo nelle aziende editoriali che producono notizie, nei siti Internet che affiancano gli strumenti dell’informazione tradizionale. Perché l’automazione dei processi decisionali va affrontata e regolamentata con decisione e in certi casi va respinta. Occorre dire no a scelte che spettano solo ai giornalisti. Guai se il lettore avesse sentore che certi titoli e certi articoli sono stati elaborati e pubblicati in base a statistiche e rilevazioni socioeconomiche e non per decisione del giornalista.
avversario sottovalutato
La parola algoritmo, all’inizio del 2019 ha campeggiato nel manifesto del congresso della Federazione della stampa, a Levico. Ma poi, di fronte alle enormi questioni che il sindacato, unico e unitario, aveva di fronte, è un avversario che è stato poco considerato, tante erano le questioni da esaminare e le decisioni da prendere. Ma adesso bisogna metterci mano. Bisogna prendere delle contromisure, dire cosa i giornalisti possono accettare e cosa no.
Quaranta anni fa, quando i computer irruppero nel processo produttivo successe più meno la stessa cosa. Cambiarono le tecniche di scrittura, le modalità e l’organizzazione del lavoro. Scomparvero le linotype, le tipografie si svuotarono, i camici neri furono sostituiti da quelli bianchi, la scrittura, l’impaginazione, la stampa, tutto divenne più veloce. Le innovazioni si rivelarono produttive. Ma l’inserimento delle nuove tecnologie dovettero essere accompagnate da mesi di trattative. Ci sono ancora, nel contratto nazionale di lavoro, le norme alle quali si arrivò al termine di un lungo periodo di lotte sindacali.
I nuovi strumenti spinsero in avanti il giornalismo. La professionalità migliorò. La trasmissione delle notizie divenne enormemente più veloce, grazie anche ai satelliti e ai telefoni portatili. L’età dell’oro, pensò qualcuno, mentre di lì a qualche anno altre innovazioni avrebbero creato una crisi profonda dell’impresa editoriale, in un mondo in cui tutti parlano e comunicano. Senza, si dice, bisogno di intermediari.
fake news e pubblicita’
Invece i giornalisti non sono morti né superflui. Molti hanno capito che però ci vogliono migliori professionalità per dare al cittadino prodotti che lo aiutino a conoscere la verità, nella babele dei messaggi, delle chiacchiere e degli insulti. Come affrontare gli algoritmi? Secondo il presidente dell’Ansa, Giulio Anselmi, “l’intelligenza artificiale non deve sostituire le persone, ma deve servire a migliorare l’efficienza e la produttività”. Al Messaggero la stanno utilizzando per individuare le fake news. Al Financial Times usano i calcolatori per conoscere meglio gli abbonati. In altre aziende la pubblicità è immaginata e partorita da sistemi automatici. Una rotativa può partire o fermarsi in base alle previsioni e agli ordini di un computer
Ma nessuna intelligenza artificiale deve decidere cosa si scrive, quali titoli compariranno, quale sarà l’ordine e il rilievo dati alle notizie. La modifica delle modalità produttive non può essere lasciata agli editori. E’ aperto un nuovo terreno di confronto e probabilmente di scontro. Per questo, Professione reporter chiede di segnalare anomalie e innovazioni, che vanno discusse e concordate. I direttori hanno precise responsabilità, i Comitati di redazione devono stare in allarme e denunciare automatismi che implicano subalternità e perdita del potere decisionale. Gli algoritmi possono essere utili, ma se entrano nel nostro giornalismo, già ferito e in difficoltà, possono finire per ammazzarlo.