(S.A.) Julian Assange ha ottenuto un’importante vittoria nella sua lunga battaglia contro l’estradizione negli Stati Uniti. La Corte d’Appello di Londra ha concesso al fondatore di WikiLeaks il permesso di ricorrere in appello, riconoscendo valide le argomentazioni della sua difesa riguardanti il timore di un processo non corretto negli Usa.
Il verdetto è stato emesso dai giudici d’appello Victoria Sharp e Jeremy Johnson, che hanno ritenuto insufficienti le rassicurazioni fornite dagli avvocati del Dipartimento di Giustizia di Washington. In particolare, le preoccupazioni riguardano due punti fondamentali: il rischio di una condanna a morte e la possibilità per Assange di invocare il Primo Emendamento della Costituzione americana, che garantisce la libertà di espressione e informazione. Gli Stati Uniti hanno promesso verbalmente che la pena capitale non sarebbe stata richiesta. Tuttavia, le garanzie sulla protezione del Primo Emendamento sono risultate vaghe, con la concessione della protezione rinviata a una futura decisione di una corte statunitense.
Assange è accusato di 17 capi di imputazione per spionaggio e di uso improprio del computer: rischia una pena fino a 175 anni di carcere. Le accuse riguardano la pubblicazione di migliaia di documenti riservati e diplomatici degli Stati Uniti, ottenuti con l’aiuto dell’analista dell’intelligence dell’esercito americano, Chelsea Manning.
Già a marzo, la Corte aveva iniziato a mostrare segnali di apertura, rovesciando il rifiuto categorico dell’istanza di ricorso da parte della giustizia britannica. Tuttavia, la decisione definitiva era stata rinviata ed era stata lasciata aperta la possibilità per Assange di portare il suo caso a un’ulteriore udienza di appello. Secondo la Bbc, Assange avrà ora “alcuni mesi” per preparare il nuovo processo d’appello. Nel frattempo, continuerà a essere detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra.