(di stefano brusadelli)

Perché “Suicidio imperfetto” di Umberto Brindani (Armando Curcio Editore, 217 pagine, 18,90 euro) è una lettura altamente consigliata soprattutto (ma non solo) per chi fa il nostro mestiere?

Cominciamo dal motivo numero uno. Il protagonista, Pierfrancesco Balzani, è un giornalista. Per la precisione, uno smagato cronista di nera allergico alle verità di comodo, al punto che in redazione (anche per sfotterlo) lo chiamano l’Ispettore. Ma, vivaddio (e questo è il motivo numero due), non è il solito giornalista che seduce tutte le femmine che gli passano a tiro e stende a pugni tutti gli uomini che sono sgarbati con lui. No: essendo caduto in disgrazia col Direttore, vivacchia tra incarichi umilianti, bar da quattro soldi dove ordina Negroni e trattorie fuori moda da dove si porta via il vino avanzato. Inoltre le prende regolarmente se c’è da venire alle mani, è imbranatissimo con le donne, e si presenta con una pennellata che più mesta non si può: “sguardo perso e mascella penzoloni”. Insomma, un tipo d’essere umano che nella vita reale (e nelle redazioni), esiste davvero. E per il quale non si può fare a meno di provare parecchia simpatia, se non altro per la massiccia dose di ironia con la quale si difende dalle sue sfortune.

luoghi straordinari

Il motivo numero tre che consiglia la lettura del libro è che il racconto della vita redazionale in questa stagione di decadenza dei giornali di carta è magistrale, oltre che assai gustosa. E qui non c’è da sorprendersi: Brindani di testate cartacee ne ha traversate parecchie. Panorama dei tempi d’oro, dove è nato professionalmente (e dove chi scrive lo ha conosciuto), poi, con il ruolo di direttore, Chi, Tv sorrisi e canzoni, Oggi e Gente, dove attualmente è tornato alla guida. E se c’è un appunto da fargli, a parer mio, è proprio che sulla descrizione così sapida del trasformarsi di un mestiere e dell’inaridirsi di quei luoghi straordinari che sono le redazioni, avrebbe dovuto insistere insistere anche di più. 

Quadri brevi

C’è poi da dire (e qui siamo al punto quattro) che la scuola di scrittura ordinata ed essenziale frequentata a Panorama, e poi affinata in testate dirette a un pubblico popolare, si sente nella costruzione di un linguaggio immediato e scorrevole. Qui non c’è mai bisogno di rileggere per capire. Aiuta, anche, quella che è diventata un’abitudine per i narratori di noir, ossia l’organizzazione della storia in quadri brevi, mutuata dalla serialità televisiva.

E il plot ? 

Su questo, ogni buon recensore di noir deve tenere a freno le parole. Basti dire che c’è una morta, la bella figlia di un potente editore, un’inchiesta piuttosto svogliata, e un’inchiesta parallela affidata all’Ispettore, ossia Piefrancesco Balzani, così finalmente strappato alla sua mesta routine fatta di marchette a produttori di mozzarelle o a politici di serie b.  

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