Mercoledì 28 agosto Il Corriere della Sera ha pubblicato in prima pagina una terribile intervista a Oliviero Toscani. Il fotografo racconta di aver perso 40 chili a causa di una amiloidosi. “Non è curabile”, dice il titolo in prima pagina tra virgolette. 

Il giornalista Michele Mezza, per più di venti anni in Rai, inviato di guerra, ideatore e vicedirettore di RaiNews 24, leggendo ha avuto un sussulto e ha scritto una lettera al Direttoee del Corriere, Luciano Fontana. “Mi permetto di rivolgermi alla tua attenzione non in quanto collega -spiega Mezza- ma in quanto affetto da amiloidosi, la patologia che è stata presentata come incurabile, in prima pagina, con la toccante fotografia di un debilitato Oliviero Toscani, intervistato dalla collega Elvira Serra. L’affermazione ‘incurabile’ è dell’intervistato, che ha tutto il diritto di assolutizzare la propria condizione. Ma, come mi insegna la tua esperienza, l’aggettivo ‘incurabile’, lasciato galleggiare senza altre qualificazioni, e per di più accanto alla descrizione di un decorso che ha portato il grande fotografo a perdere 40 chili in poco più di un anno, diventa un messaggio implacabile, in una pagina in cui non si incontrano  approfondimenti o problematizzazioni:  una sentenza per tutti coloro che hanno dimestichezza proprio con quella malattia”.

quaranta varianti

Dice Mezza che per altro si tratta di un’affermazione scientificamente del tutto vera -la malattia al momento non è reversibile- ma altrettanto scientificamente imprecisa e incompleta: esistono almeno 40 varianti con aggressività e sintomatologie molto diverse e con tempi e modalità di gestione differenziati, soprattutto per la tempistica con cui viene diagnosticata: “La casistica individuale prevale insomma sulla tipologia della degenerazione. Sono queste differenze che permettono a chi si trova in quel tunnel di poter nutrire speranze fondate e non sprofondare nella disperazione senza ritorno. Lo sciame di integrazioni che per fortuna ormai accompagna ogni pubblicazione, sia in rete che da parte di altre redazioni online, si è poi preoccupato di completare l’informazione, con aneddotica varia e soprattutto interventi di altri autorevoli medici specializzati, fra cui quello del professor Giovanni Palladini, responsabile del centro delle Amiloidosi sistemiche dell’Ospedale San Matteo di Pavia, presso il quale sono anch’io in cura. E ha fornito una informazione che autorizzava una più articolata aspettativa per i circa 800 individui che ogni anno devono fare i conti con questa malattia”.

elementi di chiarificazione

Mezza specifica a Fontana di non voler criticare “il meglio della nostra professione quale è la tua redazione e la collega autrice dell’intervista” e di non voler fare deontologia a buon mercato. Lui però, “incappato nella rete dell’amiloidosi”, si è trovato disorientato leggendo l’articolo, dinanzi allo spettro di una incurabilità devastante che invece credeva di poter controllare: “Credo che sia raccomandabile sempre, ogni volta che parliamo o citiamo singole sindromi o affezioni, che presentano varianti e combinazioni diversificate, fornire subito elementi di chiarificazione al massimo livello. Non sono un amante dei box a piede di pagina, ma certe volte aiutano -magari rimandando alla pagina scientifica del proprio sito- a ridurre ansie e angosce. E’ un modo per rivendicare quella centralità della sensibilità giornalistica che consideriamo un presidio rispetto ad ogni pretesa di sostituzione con un algoritmo”.

Il Corriere per ora non ha pubblicato la lettera di Mezza. Ma il 30 agosto, a pagina 19, la cronista esperta di sanità Margherita De Bac firma un’intervista al professor Giampaolo Merlini, medico ricercatore sull’amiloidosi, che dice chiaramente: “Non è incurabile”. Ricorda che sono disponibili terapie efficaci, che in Italia vengono utilizzati 5 farmaci: “La malattia è dovuta a proteine alterate che si depositano in alcuni organi e ne compromettono le funzioni. E’ fondamentale anticipare il danno agli organi con una diagnosi precoce, che oggi è possibile. Ai pazienti vanno trasmesse speranze e sicurezza fondate sull’evidenza scientifica. Si può recuperare un aspettativa di vita normale e di buona qualità in circa la metà dei malati”.

Professione Reporter

(nella foto, Oliviero Toscani prima della malattia)

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