“Fedeli e ribelli” è il titolo di copertina di Donne Chiesa Mondo, il mensile femminile dell’Osservatore Romano, curato da Rita Pinci, che esce sabato 7 settembre.
Il numero si apre con una inchiesta di Lucia Capuzzi sul rapporto tra donne e Chiesa, che si presenta complicato e difficile: molte se ne vanno, tante restano ma chiedono cambiamenti incisivi, altre si mettono criticamente “sulla soglia”.
Negli ultimi decenni, questa dinamica è diventata ancora più evidente. Da una parte ci sono quelle che abbandonano, per motivi diversi, anche se si parte spesso da una delusione. “Non sono io che ho lasciato la Chiesa. È stata lei a lasciarmi”, dice una di loro. Vent’anni fa erano soprattutto le quarantenni. Attualmente, le ragazze italiane under 30 che si dichiarano cattoliche sono scese al 33 per cento (dieci anni fa erano quasi il doppio), mentre quelle che si definiscono atee sono passate dal 12 al 29,8 per cento.
Dall’altra parte ci sono quelle che rimangono, e costituiscono una fortezza contribuendo a mantenere in vita l’istituzione con la loro presenza attiva, e anche denunciando le cose che non vanno. “Non me ne posso andare, perché anche io sono su questa barca che raccoglie coloro che hanno creduto e porta un tesoro per tutti, ma non posso nemmeno stare inerme perché infuria forte la tempesta che minaccia la credibilità e il vivere ecclesiale”, scrive la teologa Simona Segoloni.
C’è anche un numero crescente di donne che si colloca in una posizione liminale: stanno su una soglia simbolica praticando la fede, ma esprimendo critiche verso la gerarchia ecclesiastica. Un “attraversamento continuo tra centro e periferia”, alla ricerca di un “dio differente”, il “dio delle donne”: così da femminista cristiana l’avvocata Grazia Villa descrive il suo viaggio tra fede e ribellione.
Le donne che rimangono reggono la Chiesa, ne sono una colonna portante. Laiche, consacrate, catechiste, teologhe, sposate, single… Fedeli che dedicano tempo, energie e competenze per sostenere la comunità ecclesiale e far crescere il pensiero. Senza il loro impegno, molte parrocchie e servizi sociali non potrebbero funzionare con la stessa efficacia. Grazie allo sguardo femminile gli studi teologici si arricchiscono e aprono orizzonti nuovi.
Però la questione della pari dignità delle donne è posta come cruciale per il futuro dell’istituzione. La leadership femminile- dicono tutte – non è solo una questione di giustizia sociale, ma una necessità spirituale e pastorale. Lo rileva anche il Sinodo. Nell’” Instrumentum laboris” si sottolinea “la necessità di dare un riconoscimento più pieno ai carismi, alla vocazione e al ruolo delle donne in tutti gli ambiti della vita della Chiesa”.