(A.G.) Si può ricordare una persona che si è vista una volta sola? Forse sì, se quella volta è rimasta impressa. Certi incontri volano via, altri invece no e c’è un motivo profondo. 

Griseri era gentile e accogliente, e questa è già una notizia, perché i giornalisti, spesso, mentre lavorano sono diffidenti e scontrosi, in eterna concorrenza con i colleghi. Griseri era anche competente senza spocchia, vale a dire che quello che sapeva non aveva problemi a metterlo a disposizione: sapeva che non è solo l’esclusività a contare, ma come sai inserire un fatto nel contesto. 

rubriche e tv

Insomma, Paolo Griseri, scomparso all’improvviso la sera di giovedì 24 ottobre, era un giornalista come si dovrebbe essere. Tutti sono abituati a considerare giornalisti bravi quelli che vanno in televisione, che gridano nei dibattiti, che firmano libri in classifica. Quelli che riescono a diventare divi, che adesso possono avere un agente. Che se si ritrovano a un tavolo con colleghi felici e sconosciuti si alzano e cercano posto altrove. Griseri andava poco in tv, non teneva rubriche sui magazine patinati, non presentava libri glamour. Insomma il grande pubblico non sapeva neanche chi fosse. Invece, teneva alto il nome del giornalismo. Studiava, ascoltava, leggeva, camminava. E poi scriveva, perché gli piaceva capire le cose e farle capire. Inoltre, aveva mantenuta la storia dei suoi inizi, la politica a sinistra, l’attenzione ai più deboli, che va poco di moda. Non aveva cambiato idea.

operai fiat

La sua carriera era iniziata a Torino, corrispondente del manifesto. Poi alla Repubblica e alla Stampa, di cui diventò vicedirettore. Dagli anni Ottanta, uno dei massimi esperti del mondo Fiat, e dei suoi operai. Ha seguito Sergio Marchionne dal 2004 alla scomparsa, nel 2018. Con la Stampa collaborava ancora e negli ultimi mesi ha raccontato la storia della Fiat, in un viaggio a puntate, fino alla nascita di Stellantis. Con Massimo Novelli e Marco Travaglio ha scritto “Il processo”, con Sergio Chiamparino ha pubblicato per Einaudi “La sfida. Oltre il Pd per tornare a vincere. Anche al Nord”. Nel 2012, per Einaudi, ha pubblicato “La Fiat di Marchionne. Da Torino a Detroit”. 

Da un anno era andato in pensione, ma l’impegno continuava. Negli ultimi mesi, per La Stampa, ha firmato “Il bosco dei saggi”, serie di interviste ai protagonisti del Nord Ovest, Alberto Barbera, Stefania Belmondo, Luciana Littizzetto, don Luigi Ciotti, Francesco Profumo. 

il racconto di torino

Gli ultimi due pezzi sono usciti nei giorni prima della morte. Sugli aspetti tragici del lavoro. Un racconto del rider che consegnava le pizze nell’alluvione di Bologna. Una intervista al sociologo Marco Revelli dopo gli ennesimi omicidi bianchi in fabbrica, alla Toyota di Bologna.

Giorgio Airaudo, Segretario Generale Cgil Piemonte, ha ricordato “prima uno dei compagni del coordinamento studenti medi, poi un giornalista del manifesto, che raccontava la trasformazione della città-fabbrica nella Torino delle diseguaglianze. Il giornalista di Repubblica con cui condividere confidenze sulle relazioni sindacali a Torino e in Fiat: battaglie comuni e discussioni infinite, non sempre d’accordo, ma sempre ascoltandoci”.  E il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ex Forza Italia, ora Fratelli d’Italia: “Ho conosciuto Paolo Griseri quando era giornalista a Repubblica ed ho da allora avuto con lui un rapporto sempre franco e corretto. E’ passato a La Stampa e abbiamo continuato a sentirci, ma solo per commentare alcuni eventi o ragionare di industria ed economia. Ci ha lasciato una persona perbene”. 

(nella foto, Paolo Griseri, al centro, intervista Matteo Renzi)

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