di ENRICO MARIA CASINI

Il nome di Marco Rizzo è tornato con forza al centro dell’attenzione pubblica. Ma non per un cambio di linea politica o un’iniziativa parlamentare. Il vero terreno su cui si sta giocando la sua nuova visibilità non è analogico ma digitale, in particolare su Instagram e TikTok. Il processo è stato rapido, pianificato e altamente efficace: un esempio di riconfigurazione dell’immagine pubblica attraverso i social media.

L’analista e spin doctor Domenico Giordano, in un articolo pubblicato su Il Riformista, ha tracciato l’impennata social dell’ex militante del Pci, poi in Rifondazione Comunista, nei Comunisti Italiani, fondatore del Partito Comunista e fondatore della lista elettorale Italia Sovrana e popolare.: “Nel ‘19 il suo Instagram contava 4.719 follower, nel ‘23 erano già saliti a 23.993. Nel ‘24 si sono triplicati raggiungendo gli 88.620”. Ritrovando così il suo “posto al sole”. A questi dati si aggiunge l’attività crescente su TikTok, dove i video brevi, curati in tono e montaggio dal suo staff social, diventano una costante nei feed degli utenti politicamente “irritabili”, totalizzando migliaia di visualizzazioni.

marketing e provocazione

A dirigere l’intera operazione di propaganda digital c’è Alessandro Fornaciari, giovane consulente ventiseienne, con una formazione informale più vicina all’infosfera americana che ai circuiti classici della comunicazione politica italiana. Tanto che apparve sulle pagine del Telegraph la sera della vittoria di Trump, da fiero sostenitore di Make America Great Again. Fornaciari ha maturato un’identità professionale attraverso formati crossmediali come autore radiofonico e podcaster per therightside.podcast e “Un Caffè da Vanni”, talk video-politico realizzato insieme allo stesso Rizzo e alla giornalista Eleonora Tomassi. Il suo approccio unisce elementi di infotainment, marketing narrativo e provocazione calcolata, assieme a personalità pubbliche come il magistrato Luca Palamara, il conduttore radio Giuseppe Cruciani e il sindaco di Terni e fondatore dell’università telematica Unicusano Stefano Bandecchi.

politica da sentire

Il caso che ha marcato la svolta comunicativa è stato il video con l’ingegnere e influencer Donatella Zaccagnini Romito, in cui si faceva intendere che le uniche “bombe” che piacciono a Marco Rizzo sono i seni della signora. Toni fortemente divisivi. Il contenuto è stato rilanciato massicciamente, suscitando reazioni contrastanti ma catalizzando l’attenzione. Il principio guida, secondo quanto riportato da fonti interne, è semplice: “La politica oggi non si spiega, si fa sentire”.

La struttura che sostiene questa narrazione digitale non corrisponde a quella di un partito tradizionale. Nessun apparato, nessuna burocrazia: solo una filiera corta, artigianale, che privilegia velocità ed efficacia. Il modello ricorda altre esperienze recenti, come quelle di Luca Morisi con Matteo Salvini o di Tommaso Longobardi con Giorgia Meloni, ma con una declinazione originale: Marco Rizzo, storico volto della sinistra radicale e marxista, riesce oggi a dialogare con un pubblico politicamente trasversale, muovendosi anche su temi cari alla destra populista. Democrazia Sovrana Popolare, l’ultima creatura di Rizzo d’altronde dialoga con Gianni Alemanno, esponente storico della “destra sociale”.

generare reazioni

È un ribaltamento di coordinate. Non si tratta più di rappresentare un’ideologia, ma di presidiare uno spazio di attenzione. Il consenso non viene aggregato attraverso le sezioni di partito, ma attraverso l’interazione online.

Nel contesto attuale, la comunicazione politica è mutata radicalmente. Le logiche del broadcasting tradizionale sono contrastate da quelle dell’engagement e della disintermediazione. L’efficacia di un contenuto non si misura più in approfondimento, ma in capacità di generare reazione. Un video breve, se ben strutturato, può avere un impatto maggiore di un virgolettato su un quotidiano.

La tribuna politica è oggi affiancata e spesso sostituita dai feed, dai commenti, dai thread, dai reel sui canali social. Essi possono avere un peso empirico più alto dell’impatto di un editoriale o un’intervista a tutto tondo. Il dibattito si è spostato in uno spazio ibrido e iper-narrativo, a volte superficiale, dove la coerenza programmatica è spesso meno rilevante della capacità di creare un frame riconoscibile e polarizzante.

In questo scenario, l’ascesa digitale di Marco Rizzo è un segnale dei tempi. La politica si fa anche -e talvolta soprattutto- con lo smartphone.

(nella foto, Marco Rizzo con Donatella Zaccagnini Romito; all’interno, Alessandro Fornaciari)

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