di ROBERTO DI SANTE
Caro Maurizio Molinari,
buona giornata. Prima di tutto tanti auguri per la direzione di Repubblica. Mi permetto di disturbarla perché c’è una cosa che da collega non capisco. Lei in prima pagina ha puntato il 27 e 28 aprile nei titoli di apertura del giornale sulla rivolta dei vescovi contro il divieto di fare messe. Non contesto la sua scelta, né le dico il mio parere sull’argomento perché mi hanno sempre insegnato a separare i fatti dalle opinioni. Oggi, da vecchio cronista, mi aspettavo che riprendesse in prima l’intervento del Papa, il capo spirituale della Chiesa, sull’invito alla prudenza e al rispetto delle regole per fronteggiare la pandemia. Giornalisticamente la trovavo, mi scusi la presunzione di cui mi pento subito, una scelta da pilota automatico. Soprattutto alla luce, come le dicevo, delle ultime due aperture del suo, del nostro giornale. Un seguito al suo modo di vedere le cose e di orientare il timone della nuova Repubblica. Un modo per rassicurare i suoi lettori, ancora frastornati dall’allontanamento del suo predecessore nel giorno della “condanna a morte”. Per dire loro: vedete che abbiamo fatto bene ad aprire il giornale sul problema della messe, tanto che alla fine anche il Papa ha dovuto dire come la pensa e come ci si dovrebbe regolare. Insomma, una vittoria per la sua linea. Un rigore da battere a porta vuota. Stamattina invece sulla prima pagina di Repubblica non ho trovato, con grande sorpresa, nemmeno una parola, un cenno. Niente di niente. Non solo nel titolo di apertura ma anche negli altri titoli. Come è possibile mi sono chiesto? Ai vescovi il titolo principale e al Santo Padre nemmeno un occhiello? Proprio Repubblica, che più di altri, aveva intuito che doveva battere su questo tasto? Forse bisognava guardare meglio. Così ho ingrandito la prima pagina sul tablet, frugando in ogni angolo ma alla fine mi sono arreso. Allora ho aperto il giornale e a pagina 5 ho trovato il titolo sul “Papa che invita alla prudenza”. Allora era a conoscenza della notizia, l’ha valutata e ha deciso di non richiamarla in prima. Facendo il tifo per Repubblica, non per Conte né per Salvini, mi ha un po’ amareggiato. Sia da lettore che da giornalista. Ma forse sto esagerando. Anche i più grandi possono sbagliare. Zico, per esempio, che non falliva mai rigori né sbagliò uno che costò caro al suo Brasile nella semifinale del mondiale di calcio del 1986 contro la Francia. Solo chi non fa non sbaglia mai. Per cui mi scuso per questa lettera, ma mi hanno insegnato che è meglio esprimere un sentimento che tenerlo dentro. Intanto le auguro di nuovo buon lavoro alla guida di Repubblica, con affetto e sincerità. Certo che saprà portare avanti la grande tradizione di questo giornale. Cordiali saluti.