Si chiama “Il re nel suo cono d’ombra” il pezzo uscito sul Foglio di sabato 14 novembre.

Si chiama “Fine penna mai”, la pagina a fumetti uscita sul Fatto quotidiano di domenica 15 novembre. 

Due scortesie dedicate al patriarca del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, oggi arrivato a 96 anni e mezzo. Più delicata la prima, feroce la seconda, come si conviene alla satira. Non benevole, niente affatto affettuose, nei confronti di un uomo che è senza dubbio nella storia del giornalismo italiano ed europeo. Che ha compiuto, tra tante altre cose, il miracolo di creare a metà degli anni ’70 un nuovo quotidiano e di portarlo in vetta alle vendite del nostro Paese.

Il pezzo sul Foglio è firmato da Pietro Petrucci, inviato di lungo corso, nel Terzo Mondo e in Africa in particolare, corrispondente di Le Monde da Mogadiscio, inviato di Repubblica, collaboratore dell’Espresso e dell’Indipendente. In epigrafe, tanto per capirsi, c’è una frase da “La vita e mezza” dello scrittore congolese Sony Labou Tansi: “ll était journaliste et avait des démangeaisons d’ecrivain”. Era un giornalista e aveva il prurito di uno scrittore.

prurito di scrittore

Dopo tale stoccata, il pezzo racconta come Scalfari portò Repubblica al successo, grazie al suo carisma e al favore degli dei, visto che nel periodo d’avvio si susseguirono Anni di piombo, Movimento del ’77, sequestro e supplizio di Moro, antagonismo fra Pci di Berlinguer e Psi di Craxi. E scandalo P2, con appannamento del grande rivale, Corriere della Sera, coinvolto da proprietari e dirigenti nel caso. Petrucci ricorda anche due espressioni tipiche di Scalfari. La prima era “nave corsara”, per dire che il suo giornale doveva essere “agile e veloce, concepito per sorprendere i maggiori bastimenti editoriali e saccheggiare più possibile il loro carico di lettori, buone firme e introiti pubblicitari”. La seconda espressione era “cono d’ombra”: chi avesse lasciato la nave- diceva il condottiero- sarebbe finito irrimediabilmente nel cono d’ombra, dimenticato.

Petrucci va avanti narrando personaggi ed episodi di una grande vicenda giornalistica, per arrivare agli ultimi tre capoversi. Nel primo si dice che Repubblica non ha più nulla, da qualche decennio, della goletta pirata d’un tempo: “Oggi è nave ammiraglia di una intera flotta esposta a scorrerie cartacee e virtuali dei nuovi corsari del giornalismo”. Il secondo capoverso parla di lui, il corsaro e poi ammiraglio Scalfari, che “ha abbandonato prima il timone e poi la plancia di comando, lasciandosi discretamente scivolare nel suo famoso Cono d’Ombra, dove riflette e scrive sulle sorti sue personali e dell’universo. Dal Fondatore Repubblica riceve ormai un componimento a settimana, l’editoriale della domenica”. Nel terzo, decisivo, capoverso Petrucci spiega che “prese le distanze dall’attualità terrena, il Fondatore è rimasto silenzioso di fronte ai primi malumori redazionali suscitati dal suo ultimo successore” (Maurizio Molinari), “in particolare quello riguardante un nuovo approccio di Repubblica al conflitto mediorentale, riassumibile nella scommessa secca di Molinari sulla Pax Trumpiana, prefigurata dagli Accordi di Abramo”, la normalizzazione da parte di alcune dinastie sunnite del Golfo dei rapporti con Israele. “Tanto secca è la scommessa di Molinari, da averlo indotto a censurare un passo di un articolo di Bernardo Valli”, che in seguito a questo incidente ha deciso di abbandonare le pagine di Repubblica, dopo 43 anni di prestigiosi, limpidi reportage da tutti teatri di crisi del mondo. Conclusione, impietosa: “Ma anche di fronte alla bacchettata subita dal compagno d’armi più anziano e decorato del suo antico Reggimento, Scalfari ha preferito tacere”. 

“io, flaiano e Ronaldinho” 

Terribile lo sberleffo a fumetti di Stefano Disegni sul Fatto. Vi si rappresentano alcuni redattori di Repubblica che leggono a voce alta un (vero) editoriale di Scalfari, intitolato “I libri che ho letto”. I redattori declamano l’elenco che va da Tolstoi a Proust. Leggono la frase “quando la mia età personale era assai più giovanile” e la frase “un russo e un francese, due letterature molto diverse l’una dall’altra” e ridono, sghignazzano. Poi chiosano: “Basta, dai. E’ chiaro, ha un ghostwriter di otto anni e lo paga in ricariche del telefonino”, dice un redattore. E un altro: “Vabbé dai. Si droga. Sa che alla sua età non è perseguibile”. Alla fine arrivano Scalfari in persona e Molinari. Scalfari legge a voce alta il suo prossimo fondo: “La sera andavamo in via Veneto, io, Flaiano e Ronaldinho…”. Molinari zittisce tutti e decreta: “Sei colonne in prima. Lui è la continuità contro le malelingue”. Poi aggiunge: “A proposito, domenica tutti a tifare Juve. E ottimi sconti per voi sulla nuova 500. Al lavoro!”.  

Professione Reporter

(nella foto, Eugenio Scalfari)

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