di FABIO ISMAN
Diciotto titoli, o titolini, in prima pagina, per il Sole 24 ore di domenica scorsa, e invece, parecchi meno (e spesso molti) per la Repubblica: quale è (se esiste) la formula vincente? Discorso antico, che mi riporta, per esempio, al Gazzettino di quando ero più giovane. Alberto Cavallari, direttore negli anni 1969-70, diceva: «Puntare su pochi argomenti, ma chiari: che il lettore capisca; scegliamo noi per lui: così gli semplificheremo il compito, e gli diremo come ci schieriamo». Molti, invece, preferivano (però anche oggi) la formula omnicomprensiva del Corriere della Sera degli Anni Sessanta: già nella prima pagina, tantissimo di quanto si sarebbe poi ritrovato all’interno. Dal Piccolo e dal Gazzettino, nel 1970 sono arrivato a Roma: «Una “prima-vetrina”, gli avvenimenti più sensazionali», predicava (e metteva in pratica), al Messaggero, Pasquale Prunas, grande facitore di giornali con Piergiorgio Maoloni. Magari anche un fatto soltanto: accadde per lo sbarco sulla Luna;accadde per il referendum sul divorzio: prime pagine che hanno fatto la storia dei giornali in tutto il mondo; finite perfino nei musei. Forse, caratterizzare un prodotto, renderlo diverso dagli altri già a prima vista, non fa davvero male: è coraggioso, e spero che, alla lunga, paghi; ne sono stato sempre abbastanza convinto.
Ma poi, il lettore orienta i propri acquisti su queste prime pagine, oppure, per imporre un “trend”, servono un occhio, e un orizzonte, più lunghi: bisogna aspettare che la parola passi, e che il “nuovo modo” diventi di moda? Per decenni, ho trovato direttori che esaminavano se il tal titolo in prima pagina era sopra, o sotto, la sua linea mediana: in quel caso, si vedeva assai bene nelle pile dei giornali che l’edicolante esponeva; in quest’altro («sta sotto la piega»), invece no. Ma ve lo immaginate voi un acquirente, che magari sta andando in ufficio o accompagnando i figli a scuola, sfogliare con l’occhio tutti i quotidiani esposti in edicola per scegliere, o esaminare accuratamente le “prime”, una ad una? E, ancora: un titolo sbagliato, può prevalere sulla fedeltà a un prodotto, magari antica di qualche decennio, e, da solo, sconfiggere il “proprio giornale” e tante abitudini (so dove trovo il titolo di politica estera, oppure i necrologi, o la lista delle farmacie aperte, o i programmi tv. Per non dire se, poi, mi ritrovo perfino nella sua “linea”: nel modo di porgere, o commentare, le notizie)? Però, sia chiaro: sono opinioni così, “in libera uscita”: tanto per discutere un pochino.