E’ stato l’unico ad aver visto quella maledetta Route Nationale 2, dove sono stati uccisi l’ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci e l’autista Milambo. Professione reporter ha raggiunto Pietro Del Re, giornalista di Repubblica, mentre in auto cercava di superare un posto di blocco a pochi chilometri da Goma, nella foresta del Congo. “E’ tutto molto complicato”, ha ammesso e si sentiva che la voce non era tranquilla. E’ andato di fretta, solo (“Non ho visto altri colleghi, non credo che ci siano”), senza scorta, attaccato al telefono e al computer. E’ così che lavora un inviato, che cerca notizie, che racconta e intanto spera di salvarsi dalle pallottole e dal virus. Del Re ha scritto articoli per quattro giorni, poi si è messo sulla via del ritorno. “Un paese in mano ai barbari”, una regione in cui venti, trenta, gruppi armati rapiscono, uccidono e si nascondono nelle foreste dove vivono i gorilla.
Professione reporter ha fatto un rapido controllo, forse non del tutto esauriente, per vedere chi è andato in Congo. Le altre grandi testate di carta, il Corriere della Sera, la Stampa, il Messaggero, hanno rinunciato a mandare un giornalista. Troppi rischi, troppe spese. Arrivare da quelle parti è sempre stato difficile e questa volta ci si è messo anche il Covid 19 a complicare le cose, perché chi arriva a Kinshasa dall’Europa viene tenuto per due settimane in quarantena; per questo molti giornali non si sono mossi. Al momento dell’eccidio, Del Re si trovava in Ruanda, al direttore di Repubblica Maurizio Molinari ha detto che avrebbe tentato di passare da lì, dove i controlli erano inferiori. E ce l’ha fatta.
notizie dal kenia
Molte testate della Rai si sono affidate a Enzo Nucci che risiede in Kenia e ha cercato notizie da Nairobi. Invece Andrea Vianello, il direttore di Rai News 24, non ha avuto dubbi: “Bisogna provare, come si è sempre fatto”. Ha chiamato Veronica Fernandes, che l’Africa la conosce più di altri e l’ha fatta partire. Lei, insieme con Andrea Vaccarella (il collega fornito di “zainetto”, grazie al quale trasmetteranno i servizi) ha scelto di fare un giro largo, attraverso tre diversi scali, per arrivare poi a Kinshasa. I due hanno scavalcato gli ostacoli imposti dalla pandemia e ora stanno per giungere a Goma dove cercheranno di capire come le autorità della Repubblica Democratica del Congo stanno portando avanti l’inchiesta sull’attentato. Una strada lunghissima, molta terra e poco asfalto, questa Route Nationale n.2 , dove bande di predoni attaccano e uccidono i convogli, e dove le due jeep dell’ambasciata italiana si erano spinte, nella convinzione che non vi fossero rischi eccessivi, coperte come credevano di essere dalla Sicurezza della missione Onu Monusco, che li aveva invitati. Ora ci saranno solo Fernandes a Vaccarella a indagare su ciò che è avvenuto. Finiranno, probabilmente per essere chiamati da un po’ tutte le testate dell’azienda, come del resto succede spesso ai cronisti di News 24.
Ciò che accade dimostra che il sistema informazione non ha ancora gli strumenti sufficienti per seguire eventi terribili. Da quando esiste il giornalismo gli inviati speciali hanno incontrato difficoltà simili. Quanti pericoli hanno corso e quanti reportage hanno scritto Bernardo Valli, Tiziano Terzani, Oriana Fallaci, Mimmo Candito. E quanti ci hanno lasciato la vita, per citare solo Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Non è cambiato niente e niente sembra cambiare.
illusione internet
Un grosso errore è stato compiuto. Gli imprenditori del giornalismo, una trentina di anni fa hanno chiuso e ridotto molte sedi di corrispondenza, convinti che Internet avesse aperto nuove prospettive. La Rete avrebbe aiutato a conoscere gli eventi, anche i più lontani. E gli inviati magari, avrebbero fatto il resto, arricchendo le cronache, per le testate che se li sarebbero potuti permettere. Oggi si vede che non è così. Grandi parti del mondo sono oscurate, Internet aiuta ben poco a capire. Gli inviati, sempre loro, anche i più bravi, anche quelli che riescono ad arrivare sul posto difficilmente riescono a fornire la verità. Le grandi redazioni hanno scarsi caposaldi. I singoli corrispondenti, dove ci sono, fanno miracoli. Ma in Cina, appena Giovanna Botteri è rientrata per riposarsi, Pechino ha chiuso la frontiera e la Rai è rimasta a secco. Ci sono capitali a noi vicinissime (Madrid!) nelle quali non c’è neppure l’ufficio di corrispondenza. Figuriamoci in Congo, in Ruanda, in Burundi. Mentre piangiamo per il sacrificio di un ambasciatore, di un carabiniere e del loro autista, bisogna guardare in faccia la realtà. Il giornalismo è ancora quello antico, basato sul coraggio e sulla passione. Però ai cittadini delle democrazie moderne, se vogliono realmente conoscere ciò che avviene in centro Africa (ammesso che ciò interessi realmente ai loro governanti e ai loro editori) occorre una rete vera, costituita di professionisti che conoscano i territori nei quali sono inseriti.
Onore a Del Re, che è riuscito nel suo intento, e buon lavoro a Fernandes e a Vaccarella. Ma riconosciamo che gli inviati talvolta non partono e che anche quelli ardimentosi e professionali non bastano per capire gli eventi. Un cambio di passo dell’informazione aiuterebbe anche a sconfiggere la barbarie e la criminalità.
Professione reporter
(nella foto, Pietro Del Re)
Tutto vero… Il giornalismo non è più lo stesso ed è palese, ma ho la sensazione che l’ambasciatore Attanasio oltre a non avere un cognome altisonante o doppio sia stato per ciò stesso considerato un diplomatico di serie B, forse troppo conoscitore della realtà locale e paladino di giustizia.
La sua morte e quella del carabiniere Iacovacci non hanno fatto “abbastanza notizia” e mi sembra che il caso sul piano mediatico sia di stato liquidato….
Insomma ne è passata ormai troppa di acqua sotto i ponti e adesso è il momento di Zingaretti e delle sue dimissioni, tema sicuramente più avvincente su cui si può speculare con più agio senza la necessità di addentrarsi in questioni troppo scomode…. Il caso Alpi/Hrovatin docent!
Errata corrige: docet