di STEFANIA ELENA CARNEMOLLA
Il governo Draghi, dopo il caos sul vaccino AstraZeneca, pensa di correre ai ripari per spingere i cittadini a non avere paura. Dopo quella sui gazebo a primula, l’Italia si prepara così ad una nuova campagna di comunicazione sulla vaccinazione pensata da Palazzo Chigi. Filtrano le indiscrezioni: arruolare sportivi come l’ex calciatore della Roma Francesco Totti e l’ex schermitrice Valentina Vezzali, oggi sottosegretaria allo Sport, nonché divi TV, gente del mondo della cultura, personaggi della musica e del cinema e, si dice, anche dell’informazione.
Secondo il quotidiano La Repubblica la campagna dovrebbe chiamarsi “Mi vaccino perché…”. Funzionerà? Il problema per i cittadini non è perché vaccinarsi, perché lo sanno già, ma con che cosa vaccinarsi senza correre alcun pericolo. Il dibattito sul rischio zero ha interessato anche i giornalisti. Sul quotidiano La Repubblica del 13 marzo Michele Serra ha scritto su L’amaca che il rischio zero non è un diritto: “Una società che considera il rischio zero un diritto, e geme di terrore alla notizia che su decine di milioni di vaccinati forse (forse!) sei o sette hanno avuto gravi conseguenze, è una società malata, debole, insicura. Aggiungo, ed è una valutazione del tutto personale: è una società poco gradevole da frequentare”. Le parole di Serra non sono piaciute. Su Twitter sono piovute critiche, qualche esempio per dare l’idea del clima: “Se il rischio zero non è un diritto, vaccinarsi non può essere né obbligo, né dovere”, “Il rischio zero non esiste per chi si vaccina ma deve esistere per chi vaccina con un vaccino sperimentale, loro non devono rischiare nulla”, “Però hanno scudato politici, multinazionali e ora lo chiedono per i medici. Se occorrono disegnini sono disponibile ore pasti”. Esausto anche Nicola Porro che nella zua Zuppa del 18 marzo ha tuonato che “siamo prigionieri del rischio zero”.
casi di trombosi
Un lavoro a monte sui vaccini avrebbe dovuto farlo il governo, quello presente e il governo passato, mentre si è preferito giocare su equivoci di comunicazione nei confronti della cittadinanza. Per un governo che comunica male, serve allora un buon giornalismo.
Tutti i giornalisti, non solo alcuni – un buon lavoro è stato, invece, quello del Corriere della Sera e del quotidiano scientifico Galileo – avrebbero dovuto spiegare che i vaccini erano sperimentali e che in base al regolamento comunitario CE 726/2004 è previsto che durante un’emergenza sanitaria, come può essere una pandemia, i vaccini, pur in presenza di “dati farmaceutici e non clinici incompleti”, possano essere autorizzati all’immissione in commercio in base a un’autorizzazione di tipo condizionato, ben diversa da una di tipo standard, e che a monitorare su di loro c’è la farmacovigilanza.
Un fulmine a ciel sereno per la narrazione della campagna vaccinale, così come era stata impostata, sono stati i casi di trombosi dopo la vaccinazione con AstraZeneca, ciò che ha mandato in tilt agenzie del farmaco, governi e anche il giornalismo. In Italia, ad esempio, il quotidiano Domani diretto da Stefano Feltri ha da subito optato per la cieca fiducia nei confronti del vaccino, dubitando della correlazione fra i casi di trombosi e il vaccino e scatenando contestualmente una guerra, anche a colpi di tweet, contro La Repubblica di Maurizio Molinari, accusata di aver aperto l’edizione del 12 marzo con il titolo “AstraZeneca, paura in Europa”.
“fottuta paura”
L’inciampo del vaccino di AstraZeneca, oltre a scatenare la guerra fra quotidiani, ha scatenato quella dei quotidiani contro i cittadini. Il quotidiano Libero, diretto da Pietro Senaldi, se l’è presa con i siciliani. Ha iniziato Renato Farina il 13 marzo in un articolo dal titolo “Renato Farina, adesso a migliaia rifiutano l’AstraZeneca: la fuga assurda dal vaccino”, di cui questo l’incipit: “Giunge notizia che si stia diffondendo a partire da Catania, ma con tendenze alla risalita verso Nord, la cosiddetta variante siciliana del morbo. Ha questa caratteristica: prende, invece che i polmoni, il cervello. Si chiama fottuta paura. Non del virus assassino, cosa alquanto legittima, ma del vaccino. Induce diffuso tremolio, specie alle gambe”.
Il 14 marzo è stata la volta di Pietro Senaldi in un articolo dal titolo “Vaccino, Pietro Senaldi: non vogliono la puntura? Peggio per loro”. Recita l’incipit: “Allarme vaccini. L’indice del terrore cresce a un ritmo cento volte superiore rispetto a quello del contagio. Da quando si è saputo che due militari sono morti dopo essere stati vaccinati con Astrazeneca il virus della stupidità sta dilagando”. Nell’articolo di Senaldi si rende anche omaggio a quello di Farina del giorno prima: “Come ha scritto ieri Renato Farina, la variante siciliana del morbo, quella che prende il cervello anziché i polmoni, rischia di mandare il Paese fuori controllo più di quella inglese”.
E siamo all’oggi con quelle ch’erano fino a pochi giorni fa granitiche certezze sgretolarsi davanti alla realtà. Dopo che gran parte della stampa italiana, s’è trattato in realtà di un effetto domino, ha respinto l’idea che ci potesse essere una qualche correlazione tra il vaccino AstraZeneca e i casi di trombosi, l’Ema ha dovuto ammettere che quel legame non si poteva affatto escludere. Subito dopo AstraZeneca ha aggiornato il bugiardino del vaccino, segnalando un “nuovo e rarissimo effetto collaterale”, cioè, trombosi associata a calo di piastrine.
entusiasmi spenti
Il 19 marzo la testata Deutsche Welle ha, quindi, annunciato con l’articolo “AstraZeneca: German team discovers thrombosis trigger” che ricercatori della clinica universitaria di Greifswald erano riusciti a dimostrare il legame tra il vaccino e i casi di trombosi, scoprendone il meccanismo e anticipando che sarebbe stato messo a punto un farmaco per il trattamento di eventuali casi di trombosi post vaccinazione.
L’ultimo colpo di scena si è registrato il 20 marzo, allorquando anche in Italia è stata data la notizia che il vaccino AstraZeneca, testato negli Usa, in Cile e in Perù, aiutava a prevenire il 79% dei casi di Covid-19 nei soggetti sintomatici e, per il 100%, ospedalizzazione e malattie gravi. Fortune Italia ha, ad esempio, titolato “La rivincita del vaccino AstraZeneca, ecco i nuovi dati” e Huffington Post Italia “Conferme dagli Usa: vaccino AstraZeneca efficace al 100% contro forme gravi e ospedalizzazioni”. A spegnere gli entusiasmi ci ha pensato negli Stati Uniti il Data and Safety Monitoring Board, un comitato che si occupa del monitoraggio dei dati e della sicurezza, che il 22 marzo ha inviato una comunicazione ad AstraZeneca, nonché al National Institute of Allergy and Infectious Diseases e alla Biomedical Advanced Research and Development Authority, notificando ai soggetti interessati che l’annuncio della casa farmaceutica era stato inopportuno e ch’era basato su dati non analizzati in modo corretto, per non parlare di dati obsoleti, esortando, pertanto, AstraZeneca a collaborare con il Data and Safety Monitoring Board per rivedere i dati e garantire dati più accurati e aggiornati.
Il caso AstraZeneca ha rappresentato una sfida per il giornalismo: se durante una pandemia è corretto comunicare i benefici di una vaccinazione, al tempo stesso il giornalismo non deve mai dimenticare il rispetto per la salute dei cittadini.