di RICCARDO PIERONI
Un libro che ricorda i doveri del giornalista, il valore della libertà di espressione e i rischi derivanti dai linguaggi d’odio. “Fammi parlare” (Primiceri Editore) è una fotografia dello stato dell’informazione italiana con uno sguardo rivolto a ciò che succede all’estero.
Il testo è stato scritto a quattro mani. Gli autori sono la giornalista e antropologa Tiziana Ciavardini e il sociologo della comunicazione e docente dell’Università Cusano di Roma Marino D’Amore. La prefazione è curata dal magistrato Valerio Di Gioia, l’introduzione dal presidente della Federazione Nazionale della Stampa Giuseppe Giulietti. La postfazione è curata da Gian Gian Mario Gillio, responsabile della comunicazione Chiese Evangeliche, e la nota conclusiva è di Gino Falleri, già vicepresidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio. Il giornalista l’aveva preparata prima della sua scomparsa, avvenuta il 18 marzo 2019.
liberta’ di espressione
“Il titolo del nostro libro si inscrive nella libertà di espressione, un concetto altissimo, forse tra i più grandi della storia dell’umanità. La libertà non è illimitata e ha dei vincoli perché finisce quando calpesta quella degli altri”, spiega D’Amore. Il sociologo ricorda l’importanza del dibattito e del dialogo, specie in un periodo storico in cui le possibilità di esprimersi si sono moltiplicate. “Se ognuno potesse dire ciò che che vuole in ogni occasione ci sarebbe soltanto un’imposizione. C’è una grande criticità sul web: la libertà viene strumentalizzata e dà origine ai linguaggio d’odio e a fenomeni preoccupanti come quello degli haters”.
Al giorno d’oggi i giornalisti hanno un grossa responsabilità. “Sono coloro che raccontano e traducono gli eventi in notizie e decidono qual è la narrazione. Dovrebbero basarsi sulla deontologia e sulla garanzia del pluralismo, senza abbandonarsi a superficiali pregiudizi o visioni faziose. Dovrebbero cercare di essere più obiettivi all’interno di un mercato comunicativo in cui ci sono molteplici attori e dove vige la regola dell’esclusività, anche a discapito delle fonti e del comprendere bene di che cosa si parli”.
fonti affidabili
Per D’Amore l’emergenza Coronavirus ha acuito alcune problematiche già presenti. il sociologo ha coniato un’espressione: infopandemia. “Con questo nuovo termine derivato da infodemia si vuole rappresentare una crasi tra informazione e pandemia caratterizzata come un arricchimento semantico del termine precedente che agisce su scala globale, soprattutto in ambito medico. Un’ipercomunicazione che edulcora la realtà, la rende fuorviante e la frammenta in tante componenti. In questo modo è impossibile trovare una fonte affidabile”, sostiene il sociologo.
“Bisogna far parlare gli addetti ai lavori ed evitare i tuttologi. Troppo spesso vediamo in Tv persone che non hanno alcuna cognizione dell’argomento. Si tratta di un mezzo di comunicazione che in Italia ha un peso preponderante: molte informazioni arrivano così nella case dei lettori”, afferma invece Ciavardini.
islam e sessismo
L’infopandemia chiama in causa il concetto di fiducia. “Ci vuole più rigore da parte dei professionisti dell’informazione nel modo di operare”. La giornalista e antropologa solleva poi il tema della credibilità: “Quando uno di noi la perde danneggia il resto della categoria. Se il lettore non ha più fiducia nel giornalismo e c’è una crisi nell’editoria ciò è determinato non soltanto da fattori economici ma anche dal fatto che l’opinione pubblica non ritiene più credibili i giornali”.
Alla scarsa credibilità si aggiunge poi un’amnesia verso le carte deontologiche. “Sono state dimenticate dal giornalismo italiano. Molto spesso assistiamo a giornali e giornalisti che continuano a esprimersi in maniera sessista e questo è inaccettabile. Sul tema Islam c’è ancora la connessione tra immigrato, musulmano e quindi terrorista. Questa islamofobia e paura del diverso non si sarebbe dovuta diffondere nell’opinione pubblica”, afferma Ciavardini.
scorta mediatica
Secondo D’Amore le carte deontologiche “servono a fungere da guida rispetto a questa professione. Troppe volte viene disatteso questo impegno soprattutto in persone che non sono giornalisti ma operano come tali confondendo ancor di più le acque, in un momento in cui siamo costantemente a contatto con informazioni di ogni tipo”.
Ciavardini ci tiene a ricordare quanto sia importante la “scorta mediatica” nel nostro paese. “Con questo libro vogliamo dare un supporto ai giornalisti e alle giornaliste minacciati quotidianamente”.
kashoggi e galizia
La giornalista e antropologa – che fa parte dell’associazione Articolo 21 – ricorda un fatto: nel nostro paese molti professionisti dell’informazione sono stati uccisi perché facevano il loro lavoro (le loro storie si possono trovare qui). Non bisogna inoltre abbassare la guardia su vicende avvenute in altri paesi, come gli omicidi di Jamal Kashoggi e Daphne Caruana Galizia. “In tutti questi anni l’impegno di Articolo 21 non è mai mancato e abbiamo supportato tutte le battaglie che cercano di arrivare alla verità”.
“Sarà bene non dimenticare che in Italia sono 22 le croniste e i cronisti costretti ad una vita “Sotto scorta”, perché minacciati dalle mafie, dai fascisti, dalla camorra, da chi vorrebbe cancellare non solo l’esercizio del diritto di cronaca, ma anche il diritto del cittadino ad essere informato e, di conseguenza, a contrastare affari e malaffari”, ricorda nell’introduzione del libro Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa.