Il Comitato di redazione della Repubblica si è dimesso, nel corso di un’assemblea drammatica, durata per quasi sei ore. Un’altra assemblea drammatica, nel quotidiano diventato di proprietà della Gedi di John Elkann e diretto, dalla fine di aprile 2020, da Maurizio Molinari. L’Azienda, attraverso il vicedirettore Carlo Bonini, ha fatto sapere che se entro il 30 agosto l’accordo sui prepensionamenti non sarà firmato, procederà con decisioni unilaterali. Che significa probabilmente cassa integrazione a rotazione per tutti. Il cdr era in carica da un anno e due mesi. Il precedente si era dimesso a sua volta dopo il rifiuto di Molinari di pubblicare un comunicato sindacale.
Al centro della vicenda, stavolta, il piano di prepensionamenti che l’azienda vuole varare, così come hanno già fatto moltissime aziende editoriali italiane, usufruendo della legge del governo Conte 2, che ha ripreso le leggi di governi di ogni colore dal 2009 a oggi. Leggi che agevolano editori (anche milionari) con fondi pubblici e colpiscono duramente l’Inpgi, ridotto in ginocchio. Senza un’opposizione strenua dei giornalisti.
lunghe trattative
Gedi vuole circa 50 prepensionamenti, le trattative vanno avanti da mesi. A parte il numero degli esodi, si discute sugli indennizzi per chi va via e sulle assunzioni (una ogni due prepensionamenti), che il Cdr vorrebbe riservate ai giornalisti, mentre l’Azienda vorrebbe inserire -come consente la legge- anche figure tecniche e informatiche. C’era inoltre l’ipotesi di destinare incentivi più corposi a chi voglia lasciare il giornale pur non avendo i requisiti per il prepensionamento.
Il contrasto lacerante è nato all’interno dello stesso cdr (Cadalanu, Buzzanca, Patucchi, Del Porto, Puledda). Contrasto, che attraversa quasi tutte le redazioni, fra prepensionandi e ancora giovani. Nel cdr i primi due, prepensionandi, sono stati accusati di condurre la trattativa in conflitto d’interessi. Lo scontro è diventato molto aspro e Cadalanu ha scritto a tutta la redazione per chiedere un’assemblea chiarificatrice.
mozione di sfiducia
L’assemblea ha avuto momenti pesanti, fino alla mozione di sfiducia presentata dal vicecapo cronista Marco Mensurati e alle dimissioni prima di Patucchi e Del Porto, poi di tutto il cdr, che ha preso atto dell’impossibilità di continuare un percorso assieme. Il vicedirettore Bonini aveva chiesto di parlare, gli è stato detto che non sarebbe stato opportuno. Così, ha inviato una mail a tutta la redazione con la bozza dell’accordo e con l’ultimatum: o chiusura entro agosto o procedura unilaterale aziendale. l’assemblea ha approvato un documento che censura Azienda e direzione: “I giornalisti di Repubblica respingono con decisione ogni ultimatum dell’Azienda sulla trattativa per i prepensionamenti, stigmatizzano l’irritualità della comunicazione per mano della Direzione, avvenuta durante un’assemblea, e ribadiscono che il percorso della trattativa seguirà il suo corso naturale, senza forzature, con il prossimo Comitato di redazione”.
Ora, in piena estate, la redazione deve affrontare il rinnovo del cdr. A Repubblica vige la prassi che sei saggi siano incaricati di individuare i candidati. I “saggi” sono Ernesto Assante, Anais Ginori, Ettore Livini, Giuliano Foschini, Valentina Conte e Riccardo Liguori. Difficile il loro compito.
(nella foto, Carlo Bonini)