(S.A.) Il Senato si è diviso su un emendamento proposto da Gianni Berrino, senatore di Fratelli d’Italia, che riguarda il carcere per i giornalisti in caso di diffamazione. Questa proposta rientra nel disegno di legge sulla diffamazione presentato dal collega di partito Alberto Balboni.

L’emendamento aggiunge un nuovo articolo, il 13-bis e prevede nuove severe sanzioni per la diffusione di notizie false attraverso i mezzi di stampa: una pena detentiva fino a 3 anni e multe che può arrivare fino a 120.000 euro. Oltre a ciò, si propone l’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da tre mesi a tre anni.

Secondo Berrino, l’obiettivo principale è proteggere l’opinione pubblica dalle informazioni ingannevoli. Ha affermato: “Togliamo le pene detentive per la diffamazione generica, le manteniamo per la diffamazione che si consuma con l’addebito del fatto preciso e falso, a tutela dell’onorabilità sociale del cittadino e della corretta informazione. Nessuno ha diritto di inventarsi fatti falsi e precisi per ledere l’onore delle persone. Quello non è diritto di informazione ma orchestrata macchina del fango, che lede anche il diritto alla corretta e veritiera informazione”.

Il Partito Democratico ha definito l’emendamento un “attacco alla libertà di stampa”. Federazione della Stampa e Ordine dei giornalisti lo hanno giudicato “incivile”, “inaccettabile” e “frutto di pulsioni autoritarie”.

Alcune voci di Forza Italia hanno sollevato dubbi sulla compatibilità dell’emendamento con la sentenza della Corte Costituzionale del 2021, che ha dichiarato, appunto, incompatibile con la Costituzione l’uso della reclusione come pena per la diffamazione a mezzo stampa.

Secondo quanto riportato dall’Ansa, il disegno di legge originario puntava a eliminare il carcere per i giornalisti. 

Ora viene introdotta l’interdizione dalla professione di giornalista, ampliando la platea dei responsabili che comprende non solo l’autore dell’offesa, ma anche l’autore della pubblicazione, compreso l’editore. Tuttavia, l’autore della pubblicazione non sarebbe punibile se ha richiesto la pubblicazione di una rettifica o di una smentita, e questa è stata rifiutata dalla parte offesa.

Secondo Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi “parlare di carcere in caso di quella che viene considerata ‘diffamazione grave’ significa voler mettere il silenziatore a molte inchieste giornalistiche. Appare, inoltre, del tutto pretestuosa e funzionale a un disegno liberticida la confusione tra fake news e diffamazione a mezzo stampa. Con queste norme faremo un altro salto indietro nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione”.

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