Il giornalista de Il Giornale Pasquale Napolitano è stato condannato a otto mesi di detenzione (con pena sospesa) e al pagamento di una multa di 6.500 euro per diffamazione a mezzo stampa. Secondo la sentenza del giudice monocratico del tribunale di Nola, nel 2020 il cronista avrebbe diffamato in un articolo l’allora presidente dell’Ordine degli avvocati di Nola, Domenico Visone, e alcuni consiglieri.

L’articolo fu pubblicato nell’aprile del 2020 sulla testata online Anteprima24, con cui Napolitano collaborava. Napolitano scriveva che il presidente Visone restava in carica all’Ordine degli avvocati della città campana nonostante non avesse l’appoggio della maggioranza dei consiglieri e sebbene una sentenza del Tar confermasse la possibilità dei consiglieri di surrogarlo. Ciò avrebbe provocato uno stallo all’interno dell’Ente.

Secondo quanto riporta il Giornale, dopo la pubblicazione dell’articolo Napolitano ha anche pubblicato una lettera dei consiglieri fedeli a Visone e una dello stesso presidente – giunta dopo le sue dimissioni, avvenute a 48 ore di distanza – nel quale erano espresse le sue ragioni. Veniva quindi così garantito il diritto di replica.

Tre consiglieri e il presidente dell’Ordine degli avvocati di Nola decidono però lo stesso di querelarlo. Dopo quasi quattro anni, il 7 maggio Napolitano è stato condannato per diffamazione. Per aver scritto che a causa del suo presunto “amore per la poltrona” il presidente Visone avrebbe tenuto in “ostaggio” l’intero Ordine. Parole considerate diffamatorie dal giudice monocratico. Le motivazioni della sentenza dovranno essere pubblicate entro 90 giorni.

Dato che Napolitano è incensurato, il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche e la sospensione della pena detentiva: non finirà in carcere, ma la condanna viene vista come un limite alla libertà di stampa. Secondo il Giornale, che racconta la vicenda in un lungo articolo, “Napolitano ha raccontato i fatti per quelli che erano e ha garantito a tutti il diritto di replica”. 

“Rifiutiamo l’idea che in un paese democratico venga ancora comminata la pena del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. E’ necessario comprendere che l’uso strumentale delle azioni giudiziarie (penali e civili) contro i giornalisti colpisce tutta la stampa, al di là dei suoi orientamenti”, ha detto Carlo Bartoli, presidente Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

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